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Bella chiusura di stagione per il Teatro Carlo Felice con l'opera giapponese di Puccini

Madama Butterfly proprio come Madama Butterfly

servizio di Athos Tromboni

Pubblicato il 15 Giugno 2019

190615_Ge_00_MadamaButterfly_MariaTeresaLeva_phMarcelloOrselliGENOVA - Stagione lirica, ultimo atto: Madama Butterfly di Giacomo Puccini nel Teatro Carlo Felice, in concomitanza con il grande concerto pop di Piazza Kennedy (“Ballata per Genova”) replicato su due maxischermo in Piazza De Ferraris di fronte al teatro. Una ”Ballata” che ha riunito oltre 12 mila persone, trasmessa in prima serata su Rai1 e su RaiRadio 1 e che ha meritoriamente fatto riferimento alla tragedia del Ponte Morandi, dieci mesi dopo, il 14 giugno 2019. Fuori del teatro, sul palco e sui maxischermo, il gotha della musica leggera italiana contemporanea: dentro il teatro, sul palcoscenico, la più «sentita e suggestiva» opera di Puccini (così lui disse e scrisse).
Il Teatro Carlo Felice non ha “sofferto” la concomitanza della musica pop, e si presentava gremito con un pubblico che ha risposto con favore alla messa in scena di un allestimento proveniente da Astana Opera (Khazakistan), allestimento che ha ricalcato la maniera tradizionale di fare melodramma, con le scene, i costumi, la drammaturgia agita, in perfetta sintonia con scene, costumi, drammaturgia scritte nel libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa. E anche questo, in tempi di “regie moderne” strabordanti e indisponenti, è stato un nobile momento per rivolgere un pensiero deferente alla tragedia che ha ferito la città dieci mesi prima.
Del resto il regista Lorenzo Amato l’approccio con la propria idea registica lo aveva ben dichiarato nel suo scritto sul programma di sala: «Oggi è quasi impossibile immaginare la possibilità di mettere in scena un titolo così popolare per la prima volta (si riferisce alla “prima volta” per il Teatro di Astana), raccontando al pubblico questa storia senza doversi confrontare con niente e nessuno. Insomma, quello che inizialmente poteva sembrare un limite (Ndr: la messa in scena nel solco della tradizione), si è trasformato in una incredibile opportunità.»
E il pubblico del Carlo Felice ha reagito molto positivamente, con calorosi applausi a scena aperta, al termine della prima parte (atto 1) e al termine dello spettacolo (atto 2 e 3 riuniti assieme). Amato si è concesso un’unica licenza rispetto alla tradizione: ha vestito la Cio Cio San del secondo atto (quello della famosa aria Un bel dì vedremo) all’americana, per significare come la protagonista abbia, per amore verso Pinkerton, rinnegato «la sua fede, la sua cultura, la sua famiglia, la sua stessa immagine, isolandosi da tutto e da tutti per identificarsi esclusivamente in un ruolo di moglie “occidentale”.

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Scegliendo perciò di vivere in funzione di un marito americano che ben presto la abbandona.» Una intuizione che ci sta, è pertinente, e che si è già vista (ricordiamo per esempio lo spettacolo bellissimo curato da Henning Brockhaus a Macerata nel 1999).
Ma il regista, d’accordo con la costumista Franca Squarciapino, è poi ritornato al tema, decidendo «di stratificare in maniera posticcia i costumi di Madama Butterfly, sovrapponendo volutamente al suo abito e alle sue scarpe di foggia occidentale un kimono giapponese, proprio per sottolineare la sua condizione di personaggio in cerca d’autore.»
A completare il quadro d’ambiente ci ha pensato lo scenografo Ezio Frigerio, che ha disegnato una struttura sospesa, una palafitta sopra l’acqua, dove inizialmente va in scena il matrimonio della protagonista e si trasforma atto dopo atto in una disadorna dimora che rispecchia lo stato d’animo di Cio Cio San, sospeso fra la fiducia del ritorno del marito e la disillusione di una realtà che la porterà al suicidio con harakiri.
Sul podio dell’eccellente Orchestra del Teatro Carlo Felice era il maestro Giuseppe Acquaviva. Un pucciniano d’acchito e d’intelligenza: ha caricato le sonorità quando necessario, ha ammorbidito in tenui e sfumate pitturazioni tutti i cosiddetti “colori locali” che Puccini ha creato ispirandosi alla musica di tradizione orientale, non ha mai soverchiato il palcoscenico per quel protagonismo della bacchetta che da Wagner (ma anche da Verdi) in poi sarebbe possibile (intendiamo dire che non ha mai coperto le voci con lo strumentale, anche quando l’orchestra deve suonare un fortissimo), ha sempre incitato e assecondato i cantanti; e tale direzione è stata premiata dall’acclamazione del pubblico all’apparire di Acquaviva sul proscenio, a fine spettacolo.
La protagonista nel ruolo di Cio Cio San era Maria Teresa Leva, un soprano lirico di fulgida intonazione e appropriati appoggi del fiato, forse un po’ leggerina per la parte della Butterfly, ma non c’è dubbio che la sua emissione è premiata da una musicalità veramente di primordine.
In grande spolvero il tenore Stefano Pop (F.B. Pinkerton) la cui natura di lirico spinto ha brillato imponendosi come il migliore del cast; potente in zona acuta, ha un timbro di tenore chiaro che si ispessisce quando lo richiede il volume d’emissione; e ha una dizione e un fraseggio di ottima fattura, frutto della tecnica ma anche di quella dote del tutto naturale che impreziosisce la sua vocalità.

190615_Ge_05_MadamaButterfly_facebook_phMarcelloOrselli

Ottima la prestazione di Raffaella Lupinacci (Suzuki), applaudita con molto calore dal pubblico genovese e altrettanto bravo l’esperto Stefano Antonucci (Sharpless) che ha dato gesti e voce alla caratterizzazione richiesta dal regista (citiamo: «Sharpless è un uomo saggio ma in fondo mediocre, certamente non forte a sufficienza da impedire un dramma annunciato»).
Un Goro più infido di quello che mediamente di vede sui palcoscenici è stato ottimamente interpretato da Didier Pieri, e anche tutti gli altri del cast hanno onorato il loro impegno con bravura e competenza: Marta Leung (Kate Pinkerton), John Paul Huckle (Lo zio Bonzo) e Claudio Ottino (il Commissario imperiale e il Principe Yamadori):
Molto ben preparato il Coro del Teatro Carlo Felice diretto dal maestro Francesco Aliberti.
Al termine dell’opera, il pubblico che sciamava dal teatro passava di fronte ai maxischermo del concerto pop in Piazza De Ferraris: «Paese mio che stai sulla collina… Che sarà? Che sarà? Che sara-a-a…»: mitica canzone dei Ricchi e Poveri di un Sanremo sperso nei ricordi e mai dimenticato; la stavano cantando Piero Cassano e Franco Gatti. Quasi una metafora per la Butterfly.
(Repliche il 15, 16, 18, 19 e 20 giugno)

Crediti fotografici: Marcello Orselli per il Teatro Carlo Felice di Genova
Nella miniatura in alto: il soprano Maria Teresa Leva (Cio Cio San)
Al centro in sequenza; Maria Teresa Leva con Stefano Pop (Pinkerton) e con Stefano Antonucci (Sharpless); Marta Leung (Kate Pinkerton) con Raffaella Lupinacci (Suzuki)
Sotto: una bella istantanea di Marcello Orselli sull’allestimento del teatro khazako






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