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L'orchestra giovanile europea ha concluso con grande successo il primo ciclo di concerti

Euyo e Chamber Academy belle realtā

servizio di Edoardo Farina

Pubblicato il 28 Settembre 2018

180928_Fe_00_HeloiseDeJenlisFERRARA - La corrente stagione sinfonica e cameristica di Ferrara Musica ha visto nel pomeriggio del 27 settembre 2018 la seconda giornata di concerti per quanto concerne  l’attività di Ferrara Chamber Academy, organizzata per la prima volta quest'anno da EUYO e Ferrara Musica al Teatro Comunale Claudio Abbado. L’Accademia ha proposto alle ore 18 un concerto pomeridiano, a ingresso gratuito ospitato nel Ridotto del teatro, appuntamento avente come protagonista un gruppo di giovani allievi italiani. In programma la Sonata a quattro n. 1 in Sol maggiore di Gioachino Rossini, il Trio per violino, violoncello e arpa di Jacques Ibert, e l'Ottetto per Fiati D. 72, di Franz Schubert.
A seguire, il concerto serale, previsto alle 20.30 ha presentato un programma da contenuti musicali affini: la Sonata a quattro n. 4 per archi di Rossini, l'Introduzione e Allegro per arpa, flauto, clarinetto e quartetto d'archi di Maurice Ravel e un altro ottetto di Schubert, l'Ottetto in Fa maggiore per fiati e archi D. 803.
Precisa e didascalica (non per scelta dei musicisti, ma per la giovanile partitura di Rossini, pregevole e purtuttavia ingenua, "giovanile" appunto) l'esecuzione dei quattro archi: David Tobin e Paula Sanz Alasa (violini), Barbara Warchalewska (violoncello) e Andrei Mihailescu (contrabbasso).
Poi il quartetto si è trasformato in settetto, per eseguire l'Introduzione e Allegro di Ravel: è uscito il contrabbassista e sono subentrati Héloise de Jenlis (arpa), Daniel Roscia (clarinetto), Rui Matos (flauto),  e Sophia Rees (viola): l'approccio all'esecuzione non è cambiato, sempre improntato alla precisione assoluta negli attacchi e all'attenzione soprattutto alla dinamica e alle preziosità timbriche, elementi qui, in Ravel, molto più impegnativi che in Rossini; ottima l'esecuzione e pubblico entusiasta di applausi, soprattutto all'indirizzo dell'arpista de Jenlis, essendo l'arpa lo strumento cardine del brano.
Dopo l'intervallo, nuovo cambio di formazione, con la conferma di alcuni esecutori già esibitisi e il subentro di nuovi talenti: Tasmin Little al posto di Tobin (violino), Sinead O'Halloran al posto della Warchalewska (violoncello), e poi Luka Mitnev (fagotto) e Paula Ernesaks (corno).

180928_Fe_01_FerraraChamberAcademy_facebook

L'Ottetto in Fa maggiore per fiati e archi D. 803, uno uno dei capolavori della musica da camera di tutti i tempi, scritto nel 1824 per esaudire la richiesta di svago e divertimento musicale del conte austriaco musicale Ferdinand Troyer, intendente dell'arciduca Rodolfo (l'arciduca magnate di Beethoven) clarinettista dilettante, volendo  affiancare al settimino di Beethoven un altro pezzo in cui il clarinetto fosse in evidenza.  Questi, quando invitò il musicista a comporre l'Ottetto impose la clausola che fosse «esattamente come il Settimino di Beethoven». E in effetti il lavoro che Schubert gli consegnò era simile al modello, tanto che ogni ascoltatore fu in grado di cogliere questa somiglianza, sia nel concerto privato eseguito nella primavera del 1824 con la partecipazione dello stesso Troyer e sia nella serata organizzata il 16 aprile del 1827 dal violinista Schuppanzigh per aiutare finanziariamente il musicista. Identica è la composizione dei fiati con il clarinetto, il corno e il fagotto (il Settimino si trasforma in Ottetto solo perché Schubert aggiunge un violino agli archi), uguale è il numero dei movimenti, sei come in Beethoven, e uguale è l'ordine in cui sono disposti, secondo la forma del divertimento. L'Ottetto, per due violini viola violoncello contrabbasso clarinetto corno e fagotto, è in forma di Suite e, molto probabilmente per desiderio dello stesso committente, ha come modello formale il Settimino op. 20 di Beethoven, composizione molto nota e popolare nel mondo musicale viennese di allora. L'organico strumentale dei due lavori differisce soltanto per la semplice aggiunta, in quello di Schubert, di un secondo violino, mentre identici sono il numero dei tempi e la loro disposizione (salvo che Schubert scambia la collocazione dello Scherzo e del Minuetto).
Lettura della partitura non facile e dalla tempistica piuttosto lunga, circa un’ora  tanto da impegnare tutto il secondo tempo del concerto serale per l’Ottetto D.803, scritto in un periodo in cui il musicista viennese si dedicò esclusivamente alla musica strumentale, cameristica e pianistica. E il compositore austriaco si presenta subito: il perno melodico e di ambientazione sonora dell’intera pagina sta tutto nel movimento iniziale, nell’incredibile passaggio di atmosfera e di temperamento che si ha dall’Adagio all’Allegro, uno di quei “capovolgimenti di fronte” che restano nella storia della musica, e in cui la fantasia melodica di Schubert scava un segno profondo, irresistibile, cantabile, fresco come tutti i “ruscelli” della sua fantasia, spontaneo come i guizzi delle sue “trote” melodiche, facendone uno dei capolavori di questo compositore morto giovanissimo, di una tristezza infinita per non essere stato mai compreso e riconosciuto. Il primo tempo inizia appunto con un Adagio, breve, immerso in un’atmosfera di mistero, ma il cambio di passo  è repentino e da brividi: nonostante il compositore l’abbia preparato con un annuncio del clarinetto, seguito a ruota dal fagotto e dal corno, l’idea melodica dell’Allegro che s’impone all’attenzione è uno di quegli sprazzi di freschezza che solo Schubert regala così all’improvviso. Di grande effetto anche il secondo movimento dell’Ottetto, Adagio, che offre la scena al clarinetto, dunque a una mezza tinta dall’atmosfera umbratile, che ha buon gioco nel porgere un fraseggio piacevolmente cantabile, accompagnata in pianissimo dagli arpeggi del secondo violino e della viola. Un altro momento di musica soave, elegante nel portamento, si ha con il quinto movimento, Menuetto Allegretto, un omaggio ai ritmi e alle sfumature della mondanità austriaca, e come è stato scritto «allo spirito della Vienna Biedermeier, con la musica delle sue strade, dei suoi Caffehäuser, dei suoi teatri, del suo Prater, delle sue sale da ballo»: e anche qui è soprattutto protagonista il dialogo tra i caratteri contrapposti del violino e del clarinetto, il cui contrasto timbrico determina la bellezza di questa sezione del capolavoro. Ma tra movimenti di danza e ombreggiature di malinconia, si apre anche qui uno squarcio improvviso un altro dei colpi di scena schubertiani, ed è quasi impossibile da credere che tra tanta ricchezza di spunti melodici faccia capolino un’idea ancora più forte e intensa. Dunque, uno Schubert scrupoloso nel rispondere alla commissione, tanto che il pubblico viennese fu in grado di cogliere la somiglianza, sia nel primo concerto privato eseguito proprio nella casa del conte Ferdinand sia in una serata organizzata pubblicamente per aiutare il musicista dal punto di vista finanziario. Tuttavia, il temperamento lirico e cantabile sono quelli di Schubert e non di Beethoven. Una scrittura ricca di malinconica e di una musicalità più seducente, spesso segnata dal timbro pastoso del clarinetto, senza tenere in ombra gli archi, ma regalando ai fiati (anche al corno e al fagotto) passaggi di tenerezza intimistica e melodica molto più schubertiana che beethoveniana.

180928_Fe_02_FerraraChamberAcademy_phMarcoCaselliNirmal

I giovani interpreti della Euyo sono stati indubbiamente all’altezza esecutiva della non facile lettura dell'Ottetto D.803, senza dubbi o cedimenti, generando un amalgama a dire poco perfetto attraverso la difficile ma qui straordinaria fusione tra fiati e archi  senza sovrastarne di questi ultimi neppure per un istante le delicate sonorità. Perfetta intonazione, dinamica e crescendo improvviso ove occorre, così come i pianissimi percepibili dal pubblico attentissimo e silenzioso, trasporto passione dalla grande cantabilità tipica del Secolo Romantico, ne hanno lasciato un ricordo indelebile all’ascolto, confermando ancora una volta la European Union Youth Orchestra  formazione all’avanguardia tra le nuove generazioni di musicisti, dando modo ai giovani strumentisti di proiettarsi nei teatri più importanti del mondo.

Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal per Ferrara Musica - Teatro Comunale Claudio Abbado
Nella miniatura in alto: la giovane arpista Héloise de Jenlis
Al centro e sotto: panoramiche di Caselli Nirmal sulle esibizioni di giovani strumentisti per Ferrara Chamber Academy, nel Ridotto del Teatro Comunale Claudio Abbado






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Ottima messa in scena, oltre che per la comprovata efficacia di Sardelli nell'esecuzione del repertorio barocco, soprattutto per la visionaria regia di Marco Bellussi, coadiuvato da Fabio Massimo Iaquone (ideazione e regia video), Matteo Paoletti Franzato (scene), Elisa Cobello (costumi) e Marco Cazzola (luci).
La visionaria regia ci trasporta nel poema ariostesco (o quantomeno in ciò che del poema dell'Ariosto utilizzò a suo tempo il librettista Grazio Braccioli) dove tutto è fantascientifico
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La Euyo prende residenza a Ferrara e Roma

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