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Pubblicato il 03 Gennaio 2023
Nel Teatro Carlo Felice di Genova un capodanno veramente felice per tutti e...
Il Pipistrello incorona Julia Knecht
servizio di Simone Tomei
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GENOVA - «Le passioni possono far musica. Ma soltanto musica senza parole. Perciò l’opera è un assurdo… Nell’operetta, invece, l’assurdità è sottintesa« (Karl Kraus, Detti e contraddetti). Apertura d’anno con il botto al Teatro Carlo Felice di Genova dove una spumeggiante produzione de Die Fledermaus di Johann Strauss ha dato il via al nuovo anno 2023. Il compositore austriaco - figlio del meno noto Joahnn padre - impiegò solo quarantatré giorni per comporre la partitura de Die Fledermaus che rappresenta non solo un suo capolavoro, bensì quello di un genere considerato “minore” come l’operetta. Ma come dice il M° Fabio Luisi in un’intervista su “l’Invito” «… l’operetta va presa sul serio ed è specchio del suo tempo, soprattuto per quello che riguarda l’operetta d’oro (quella del tempo di Joahnn Strauss) e quella d’argento (Franz Lehár e contemporanei, quindi l’operetta degli anno ’10 o ’20 del Novecento). Le operette di Johann Strauss, Franz von Supplé e Carl Millöcker, tutti compositori di area viennese, sono dei grandi capolavori ancorati nello stile musicale dell’epoca, alle quali sono paragonabili, nello stesso periodo, quelle di Offenbach in area francese.» Proprio una decina d'anni prima lo stesso Offenbach aveva detto a Strauss jr. che sarebbe stato un buon compositore di operette: ci aveva provato, ma la fortuna di incontrare un libretto teatralmente plausibile sarebbe venuta solo con Die Fledermaus. Mettere un valzer sotto le parole era il suo mestiere tra le difficoltà di rappresentare l'opera c'è quella di lasciare il tutto alla sua leggerezza. Così ruoli e situazioni sono lasciati all'inventiva del momento, e la festa in casa del conte Orlofsky può diventare occasione di contemporaneo chiacchiericcio, satirico e no, sulla politica e la cronaca, od occasione per esibizioni felicemente anacronistiche.

  
Grande rilievo trovano spazio in certi passaggi tratti dalla musica popolare non solo viennese (su tutte, si veda la csárdás cantata da Rosalinde, o la polka nel finale del secondo atto), cui si accompagnano, per puro gioioso divertimento, vocalità funamboliche, virtuosismi nelle entrate vocali, accompagnamenti scanzonati, melodie straripanti e irresistibili. E poi ritmo, dettato dalla musica e dalla trama: tutti si ritrovano ovunque, in un girotondo festoso e in una saga delle coincidenze. Insomma, Die Fledermaus è un luogo di felicità, la realizzazione scenica della gioiosa malinconia del valzer; ma non solo. Se infatti gran parte dell'insieme si deve al valzer, tutta la partitura è spumeggiante, divertita, ironica: fatta per durare. La struttura è semplice e nota e prevede che i numeri musicali si alternino a dialoghi parlati. Proprio in questi, come nei recitativi dell’opera seria storica, si sviluppa l’azione drammaturgica, si confrontano i personaggi, si sviluppano gli equivoci e le trame di scherzi, prese in giro, corteggiamenti. L'invenzione librettistica e musicale vede quasi sempre rappresentato il bel mondo come quello che al tempo assisteva alle rappresentazioni; un mondo che si mette in scena sotto una lente che ne dilata gli aspetti farseschi, superficiali, frivoli dando vita ad una serie di cliché rappresentativi che ricorrono (un po' come nell’opera buffa) costantemente. Mariti fedifraghi sempre pronti a gettarsi tra le braccia di altre donne (ballerine, nobili o borghesi non fa differenza), mogli e in genere figure femminili che oscillano tra una arguta ironia e superiorità davanti alle vicende meschine e ridicole dei loro uomini o sono loro stesse spinte ad una frivolezza senza freni pur di ottenere lo scopo prefissato. Non possono mancare i travestimenti, maschere, scambi di persona. Una umanità che si diverte e come principale occupazione nella vita festeggia e difatti sono proprio i saloni da ballo o i grandi ricevimenti gli ambienti privilegiati dalle trame delle operette. In questo variegato consesso la mano del M° Fabio Luisi non tradisce alcuna aspettativa e porta l’esecuzione musicale a livelli eccelsi. Ne è un assaggio la grande Ouverture iniziale che brilla per colori, dinamiche e ritmi sempre frizzanti ai quali l’Orchestra del Teatro Carlo Felice aderisce con determinazione restituendo una resa musicale sopraffina. Non da meno è il rapporto con il palcoscenico con il quale trova un’intesa idilliaca, misurata e sempre rispettosa delle voci e delle esigenze attoriali. Il ritmo, la tensione ed il pathos non vengono mai meno; e le due ore e mezza di spettacolo scorrono in un soffio. La regia di Cesare Lievi è semplice, non scontata; ed è efficace come lo sono i costumi e le scene di Luigi Perego; uno sfarzo misurato - forse come la situazione storica al tempo della composizione che vedeva una fine quasi prossima dell’impero asburgico - che comunque tiene in piedi il gioco delle parti; una capacità di far interagire i personaggi senza mai calare la “tensione” della trama ed un gioco di luci (curate da Luigi Saccomandi) molto ben calibrato. Ottime inoltre le coreografie di Irina Kashkova eseguite dal Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance” ETS. Sono rimasto piacevolmente colpito da un cast di prim’ordine - nonostante abbia ascoltato quello alternativo - seppur (per qualcuno) con voci perfettibili. Gabriel von Eisentstsein ha preso vita grazie all’eclettico Simon Schnorr il quale si ricorda più per l’interpretazione vivace e spigliata che non per una vocalità salda, comunque efficace.


Piacevole anche se un po’ debole nell’emissione vocalmente la Rosalinde di Valentina Farcas che vanta un timbro estremamente gradevole, anche se la voce è tendenzialmente piccola e qualche nota più grave risulta leggermente meno sonora. Ottimo il Frank di Levent Bakirci che ci offre attimi di pura istrionicità attoriale uniti ad un canto sempre ben a fuoco e di sublime fattura. Caterina Piva ci regala un cammeo pregiato nel suo ruolo en travesti del Prinz Orlofsky al quale conferisce il carattere dimesso e annoiato con sublime ironicità. Non da meno è l’Alfred di Enrico Casari che sin dalla cantata fuori scena del primo atto, esordisce con sicumera vocale accompagnata da delizia scenica. Sia il Dr. Falke che il Dr. Blind interpretati rispettivamente da Liviu Holender e Benedict Kobel si attagliano con eleganza e stile interpretativo all’allegra brigata. Ma il pezzo forte deve ancora arrivare ed è impersonato dal soprano Julia Knecht nel ruolo della cameriera Adele; è stata la sorpresa di questo pomeriggio musicale nel quale si è saputa distinguere in maniera inequivocabile; quello di Adele è - a mio avviso - il ruolo più ammaliante dell’operetta che necessità di doti attoriali non comuni e frizzante vocalità. La Knecht non ha mancato nessun obiettivo ed ha saputo cimentarsi nelle impervie agilità della parte con quel gusto frizzante e spumeggiante che ha reso la sua performance davvero strepitosa. Ottima anche l’Ida di Alena Sautier e dulcis in fundo, il Frosch di Udo Samel - ruolo solo attoriale - che con un linguaggio misto tra tedesco e italiano maccheronico ha trasmesso ilarità e simpatia a tutto il pubblico genovese anche per l’intercalare belin spesso usato nei suoi dialoghi. Il coro guardato dal M° Claudio Marino Moretti si è messo in luce con grande smalto e pressione vocale. Sono felice di aver potuto gustare questa recita a dispetto delle parole dei librettisti Carl Haffner e Richar Genée che chiudono il primo atto con le parole: “Glücklich ist, wer vergisst, was doch nicht zu ändern ist” (Felice è chi dimentica quello che non può essere cambiato). Ma qui da cambiare non c’era proprio nulla. Nemmeno il gigantesco struzzo che adornava la scena come simbolo di una società del tempo che pur di non vedere, mette sempre la testa sotto la sabbia. Sala gremita ed applausi scroscianti per tutti. (La recensione si riferisce alla recita del 1 gennaio 2023)
Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova Nella miniatura in alto: la brava e simpatica Valentine Farcas (Rosalinde) Sotto, in sequenza: alcuni momenti dello spettacolo Die Fledermaus
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Pubblicato il 28 Novembre 2022
L'allestimento genovese del capolavoro buffo di Rossini ha convinto il publico ma non la critica
Cenerentola fra ombre e luci
servizio di Simone Tomei
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GENOVA - Quando penso a Gioachino Rossini, mi si illuminano gli occhi, si drizzano le orecchie ed il mio cuore impazza di gioia. Da remote letture ho estrapolato una frase per configurare “il pesarese” attraverso queste parole di Stendhal allorché scriveva una prima, ma poco precisa biografia, Vie de Rossini: «Dalla morte di Napoleone abbiamo trovato un altro uomo di cui si parla tutti i giorni a Mosca come a Napoli, a Londra come a Vienna, a Parigi come a Calcutta. La gloria di quest'uomo non conosce altri confini che quelli della civiltà.» Credo che questo pensiero renda davvero merito alla genialità, all’arguzia e alla lungimiranza del compositore trovando in un'opera come Cenerentola la degna rappresentanza di questi lusinghieri aggettivi. Nel dicembre del 1816 stava formandosi l’idea di una nuova opera da comporre per il Carnevale romano ormai alle porte; il librettista Jacopo Ferretti - nelle sue memorie redatte da Annalisa Bini in Rossini a Roma nel 1830 - ci racconta della genesi, in una fredda sera romana, di questo capolavoro con la narrazione dell’incontro a palazzo Capranica a Roma - davanti la chiesa di Sant’Andrea della Valle - in casa dell’impresario Cartoni: «... Mancavano due soli dì al Natale dell'anno 1816, quando il pacifico impresario Cartoni ed il maestro Rossini m'invitarono ad un congresso innanzi al censore ecclesiastico. Trattavasi di considerevoli modificazioni da operarsi in un libretto scritto dal Rossi, pel teatro Valle, e che come second'opera del carnevale comporre si doveva dal Rossini. Nel titolo si leggeva: Ninetta alla corte, ma il soggetto ne era Francesca di Foix, una delle meno morali commedie del teatro francese, in un'epoca che incominciava a cangiarsi in una famosa scuola di libertinaggio...» e venendo a quella sera dicembrina aggiornando l'incontro a casa del Cartoni, compositore ed impresario chiesero a Ferretti di trovare un nuovo argomento e scrivere subito un libretto e le cose andarono più o meno così: «... Ristrettici in casa del Cantoni a bere del the in quella sera freddissima, io proposi un venti o trenta soggetti da melodramma, ma uno era valutato troppo serio, e a Roma per carnevale si voleva ridere, un altro troppo complicato. Stanco dal proporre e mezzo cascante dal sonno, sillabai in mezzo ad uno sbadiglio: Cendrillon. Rossini, che per esser meglio concentrato si era posto in letto, rizzandosi fu come il Farinata dell’Alighieri: “Avresti tu core di scrivermi Cendrillon? mi disse, ed io a lui di rimando: e tu di metterla in musica?”. “Quando mi daresti il programma dell’opera?” “Domani mattina”. “Allora a domani mattina, buonanotte.»
  

E Rossini si avvolse nelle coperte disponendosi a dormire. Jacopo Ferretti chiese un'altra tazza di the fumante e fissò subito con Cartoni la mercede per il suo lavoro su Cenerentola. Lui e l’impresario si strinsero e si scrollarono la mano come si usava nei mercati tra gente d'onore e il poeta se ne usci nella serena, gelida notte romana. Le statue di Sant'Andrea della Valle parevano, più che mai raggelate: «... Corsi a casa. Là un buon caffè di moda rimpiazzò il the della Giamaica. Misurai più volte per largo e per lungo con le braccia conserte la mia gran camera da letto, e quando Dio volle, e mi vidi innanzi il quadro, scrissi il programma della Cenerentola e all’indomani lo inviai a Rossini.» Dopo 205 anni la vitalità di questa musica non muore... anzi, manifesta ancor più sfoggio nell’approccio direttoriale del M° Riccardo Minasi che trova la quadra del groviglio di note che compongono la partitura. La sua direzione è convincente e non perde mai il vezzoso guizzo impresso dal compositore; sfumature languide e sonorità brillanti hanno saputo assecondare il palcoscenico con grande maestria, grazie anche agli strumentisti che hanno colto tutte le intenzioni della bacchetta. Il cast - salvo alcuni distinguo - non può che dirsi eccellente. Marco Filippo Romano è un ottimo Barone di Montefiascone nonché Don Magnifico; è stato impeccabile scenicamente regalandoci un'interpretazione grottesca, ma al contempo curata nel minimo particolare; l’ha fatta da padrone una mimica facciale che è stata un susseguirsi di ilarità e simpatia, senza farci mancare anche l'aspetto più truce e sadico del patrigno padrone. La sua voce è andata di pari passo con l'ars scenica e ha messo in evidenza un'ottima uniformità sia nella zona grave che acuta, non mancando di sfoderare una maestria nelle agilità dei numerosi scioglilingua, unitamente ad una straordinaria eleganza e signorilità nel canto più declamato. Note meno felici per Hongni Wu nei panni di Angelina; se la voce è di timbro più che pregevole è mancato a volte quel piglio grintoso soprattuto nelle note più gravi e nei concertati dove spesso risultava anonima e poco incisiva. Non da meno la perfettibile dizione che ha reso tutta l’interpretazione poco empatica e più alla stregua di un solfeggio cantato. Più convincente nell’ultima pagina dell’opera. Ramiro, principe di Salerno è di per sé un personaggio caratterizzato da una superficialità piuttosto marcata; le movenze registiche hanno cercato di cogliere i giusti atteggiamenti per elevarlo dalla sua"mediocrità", ma più di tutto ci ha pensato il tenore Antonino Siragusa a sfatarne la fama con una vocalità eccelsa; lo squillo dell’artista è cristallino ed il colore sempre adamantino ha reso lustro al suo rigo musicale con note sempre a fuoco, curate nel fraseggio e nella dizione con uno sfoggio di acuti impressionante. Dandini è per natura un personaggio un po’ sopra le righe tra il rozzo ed il pacchiano, ma Roberto de Candia, pur non tradendo la natura propria del ruolo, ha saputo conferire eleganza e signorilità con la sua voce; sulla scena ha dato prova di essere un gran mattatore e di saper trovare le più appropriate intenzioni vocali; dotato di una robusta cavata e di una pregevole morbidezza nell'emissione ha affrontato con piacevole gusto sia le note più cantabili che quelle caricate di maggiore virtuosismo.

Nella favola da cui è tratto il libretto prende corpo l'anima buona della fata che in questo contesto è invece sostituito dal deus ex machina di tutta l'azione; il basso Gabriele Sagona con una vocalità pastosa e sonora ha conferito ad Alidoro quell’alea di ieraticità che gli è propria infondendo quel sentimento di fiducia, sicurezza e compassione che lo caratterizzano. Mi piace far notare come l’inizio in sordina del personaggio non debba trarre in inganno; è proprio per esso che nel 1821, quando l'interprete di Alidoro al teatro Apollo di Roma doveva essere il baritono Carlo Moncada, ammirato da Rossini, il compositore sostituì l'aria di Agolini "Vasto teatro è il mondo" con un nuovo esteso pezzo di bravura "Là del ciel nell'arcano profondo"; aria egregiamente eseguita dal basso Sagona. Lodi senza se e senza ma anche per Carlotta Vichi e Giorgia Rotolo - rispettivamente Tisbe e Clorinda - che scatenano civetteria, cattiveria e goffaggine in maniera mirabile sia scenicamente che vocalmente. Coro, nella sola sezione maschile, in forma smagliante diretto dal M° Claudio Marino Moretti. L’allestimento in scena in questo giorni è ispirato alla storica edizione del 1978 che si avvaleva delle scene e dei costumi firmati da Lele Luzzati - artista, scenografo e illustratore genovese - del quale abbiamo ahimé, potuto ammirare solo sparuti accenni. Il recupero delle scene è apparso alquanto povero e quello dei costumi altrettanto, anzi, per questi ultimi direi che l’imitazione degli storici è stata propriamente un fiasco. La regia curata da Paolo Gavazzeni e Pietro Maranghi sapeva più di minestra riscaldata che non di un piatto cucinato ad hoc, nonostante le invitanti sollecitazioni storiche in cui si sarebbero dovuti immergere. Una mise en scène sostanzialmente poco curata dove gli interpreti andavano più ad impeto e improvvisazione personale che non rispettando un’idea ben precisa d’insieme. Cenerentola non è solo una risata smargiassata che viene dai momenti più ilari e talvolta grotteschi; è anche sentimento, languore, crudeltà, malinconia e di questo si è assaporato ben poco. Nonostante tutto, il pubblico numeroso ha gradito nel complesso lo spettacolo ed ha profuso applausi convinti e sonori. (La recensione si riferisce alla recita del 27 novembre 2022)
Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova Nella miniatura in alto: Hongni Wu nei panni di Angelina Al centro in sequenza: Carlotta Vichi (Tisbe) Hongni Wu e Giorgia Rotolo (Clorinda); Antonino Siragusa (Ramiro) e Hongni Wu; Carlotta Vichi, Marco Filippo Romano (Don Magnifico) e Giorgia Rotolo; panoramica sull'allestimento Sotto: ancora la Vichi, la Wu e la Rotolo; Hongni Wu e Roberto De Candia (Dandini)
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Pubblicato il 31 Ottobre 2022
In scena con successo a Genova la prima opera scritta da Hector Berlioz
Béatrice e Bénédict in paradiso e in terra
servizio di Simone Tomei
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GENOVA - La stagione operistica del Teatro Carlo Felice anche quest’anno apre con un titolo “atipico”, ma di sicuri impatto e risonanza: Béatrice et Bénédict di Hector Berlioz. È la prima partitura d’opera di questo musicista francese e rappresenta quasi la critica di un compositore inattuale che non vuol cedere a nessun potere esterno, alle convenzioni ed alla moda. L’etichetta opéra-comique assume qui un significato del tutto particolare: se la struttura formale rientra pienamente nei canoni del genere, il contenuto non ha più nulla a che vedere con le opere di Auber e Halévy, che nella prima metà del XIX secolo, a Parigi, venivano confezionate e consumate a ritmi vertiginosi. La stessa scelta di un soggetto shakespeariano - Molto rumore per nulla - è indicativa dell'intenzione di creare qualcosa di più di una tradizionale opéra-comique. La musica in questo contesto va oltre le note caratteristiche del genere; è molto più ricca di particolari e di finezze rispetto alla produzione coeva. L'ampia ouverture, la cui parte principale ritorna nel duetto finale al termine del secondo atto, rappresenta una concezione che valorizza molto più l'umorismo arguto della comicità corrente. Sullo sfondo di un'atmosfera piena di umorismo e di una tecnica straordinaria, Berlioz sa mettere in risalto il lato drammatico della vicenda, come si può rilevare in particolare nella grande aria di Béatrice (secondo atto): la protagonista è oppressa da ricordi angoscianti, in un crescendo che si conclude in un monologo grandioso degno dei Troyens. La regia di Damiano Michieletto - assieme allo scenografo Paolo Fantin, al costumista Agostino Cavalca ed alle luci di Alessandro Carletti -, si incastona bene tra le note di Berlioz e, seppur densa di simbologia, riesce a dare un senso compiuto alla trama. Un allestimento “moderno”, anzi contemporaneo, che evoca le suggestioni di "2001 Odissea nello Spazio" di Stanley Kubrick unite a quelle di una rievocazione dell’Eden di Adamo ed Eva al suo stato biblico di natura incontaminata; due luoghi scenici mediati dalla figura di un mimo-scimpanzè impersonato ad un ottimo Amedeo Podda. Emozionante risulta il coup de théâtre dove il paradiso terrestre diventa protagonista nel secondo atto che si apre con uno struggente duetto tra Héro e Ursule cantato nella pacata serenità della chiara di luna della foresta biblica.
  

Adamo e Eva (bellissimi e bravissimi Alessandro Percuoco e Miryam Tomè), nel loro amore vergine e immacolato, dopo essere stati “coccolati” dalle suggestive note del duetto, subiscono però un improvviso ribaltamento della situazione: è il passaggio traumatico dall’Eden alla vita reale dove tutto è rivoluzionato. Da un luogo di pace e amore si trovano catapultati dentro una gabbia sospesa dove vengono obbligati a vestirsi con abiti nuziali e vivere un amore imbrigliato nelle regole sociali mentre sotto di loro si celebra il matrimonio di Claudio ed Héro. Ma i due protagonisti (Béatrice et Bénédict) cosa fanno? Sono la coppia antagonista di Claudio ed Héro che vivono l’amore in maniera più compulsiva e fuori dagli schemi imposti dalla società; un diverso modo di amare che non vuol far venir meno la propria indipendenza ed individualità, ma che coroneranno alla fine il loro sogno d’amore - fatto di schermaglie e “ostilità”- come le due gigantesche farfalle colorate che fanno pensare ad un sentimento libero da costrizioni e cliché imposti dalla società siciliana. La direzione musicale del M° Donato Renzetti è colorata, vivace, sensuale, travolgente sin dall’ouverture in cui i mille colori della partitura ammantano il teatro di una sfavillante atmosfera. L’esperienza del podio è sicuramente un fattore predominante a declararne il successo pieno, proprio per la dimestichezza con cui riesce a cogliere ogni sfumatura marcando al contempo i contrasti con autorevolezza; è ottima inoltre l’empatia con il palcoscenico, che si trasforma in un ulteriore punto a suo favore nell’ottima riuscita dell’esecuzione di una partitura per nulla semplice. Eccellente Cecilia Molinari nei panni di Béatrice che mette in luce un ottimo timbro multicolore brunito unito ad una vocalità pastosa e lussureggiante, soprattutto nei centri. Eccellente inoltre dal punto di vista espressivo con una cura nel conferire al personaggio le sfumature della sua evoluzione durante il dipanarsi degli eventi. Trascinate è l’interpretazione dell’aria del secondo quadro dove il fraseggio diventa un cesello alla partitura. Altro indiscusso bravo protagonista è Julien Behr: un Bénédict che si eleva agli onori della serata per una piroettante proiezione del suono, nonostante un mezzo non troppo potente, e per un signorile colore argentino in cui la raffinatezza del fraseggio ben si fonde con quello della protagonista. L’Héro di Benedetta Torre si ammanta di mille sfumature che si adeguano con duttilità sia ai passi marcatamente lirici, sia a quelli più tipici dell’arte della coloratura della quale il frizzante rondò che segue l’aria del primo ne rappresenta un momento arduo del suo rigo musicale. Una scoperta piacevole è stato il timbro brunito e pastoso di Eve-Maud Hubeaux (Ursule) che è dotata di uno strumento pregiato e di grande interesse messo abbondantemente in luce nello struggente duetto del secondo atto.



Un ottimo Nicola Ulivieri impreziosisce il palcoscenico nel panni di Don Pedro cui conferisce prestigio vocale e ottima presenza scenica. Ivan Thirion veste i panni di Somarone; è lui realmente il deus ex machina della scena e si dipana agevolmente tra la più scenica face di improvvisato direttore corale ed il suo ruolo canoro di Maestro di Musica. Bravo Yoann Dubruque nel ruolo di Claudio ed infine piacevolmente riuscito nel ruolo solamente attoriale, il Léonato di Gérald Robert-Tissot. Il Coro, diretto da Claudio Marino Moretti, è efficacissimo nei suoi interventi. Sala piuttosto gremita ed applausi sentiti e calorosi per tutti. (La recensione si riferisce alla recita del 30 ottobre 2022)
Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova Nella miniatura in alto: la eccellente Cecilia Molinari nel ruolo di Béatrice Sotto, in sequenza: belle istantanee su scene, costumi e regia dell'opera Béatrice et Bénédict
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Tre esempi tre avvertimenti
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Negli ultimi giorni di questo febbraio 2023 le cronache (non solo culturali) dei giornali hanno riportato tre notizie apparentemente slegate fra loro, ma comunque testimonianze di una situazione che definire kafkiana è quantomeno ottimistico. Dove va l'Italia della musica? Verso quale approdo? La risposta non è facile, anzi non esiste; ma se dal "campione" ci si azzarda a risalire all' "universo" la risposta è una sola: il caos. Tre fatti stanno disputandosi il primato sulle pagine culturali dei quotidiani nazionali:
1. la vicenda delle emissioni sonore del Conservatorio di musica “Arrigo Boito” di Parma, contestate dagli avvocati della città emiliana e sulle quali contestazioni si attende il pronunciamento del Tar che potrebbe andare nella direzione di un pesante condizionamento alla libertà di insegnamento musicale nella città
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FERRARA - Il regista Marco Bellussi è una presenza ormai consolidata sul palcoscenicto del Teatro Comunale "Claudio Abbado". Quest'anno è stato incaricato di allestire l'opera Catone in Utica di Antonio Vivaldi, che andrà in scena il 17 marzo 2023 alle ore 20 (replica, domenica 19, ore 16); sul podio sarà il maestro Federico Maria Sardelli.
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Archos Quartet esegue Sinigaglia
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Asolo Musica allo Squero
redatto da Athos Tromboni FREE
VENEZIA - Quattordici eventi musicali, tutti di sabato pomeriggio con inizio alle ore 16,30, è quanto propone Asolo Musica, in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini all'Auditorium "Lo Squero" all' Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia. Si inaugura sabato 4 marzo e si proseguirà fino al 16 dicembre 2023. Sarà una varia e dinamica
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Eventi
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Eroine immortali per Macerata Opera Festival
redatto da Athos Tromboni FREE
MACERATA - Nuovi temi e nuovi orizzonti anche per i festival musicali estivi più radicati nella tradizione: questo è quanto si desume dai "cartelloni" che via via vengono ufficializzati proprio in questi primi mesi dell'anno. E nel solco di nuovi temi e nuovi orizzonti si pone anche il Macerata Opera Festival,
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Vocale
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Il canto barocco della De Liso
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Stanno avendo un ottimo successo di pubblico i concerti del Conservatorio "Girolamo Frescobaldi" a Casa Romei, realizzati in collaborazione con il management e la sovrintendenza dell'omonimo museo. Si svolgono il giovedì pomeriggio, nel salone d'onore al primo piano del palazzo rinascimentale; ieri, 16 febbraio 2023,
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Eventi
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Il ricco cartellone del Maggio
redatto da Simone Tomei FREE
FIRENZE - La 85.ma edizione del Maggio Musicale Fiorentino, arricchito dal Ciclo Mehta-Mozart, si svolgerà dal 22 aprile all' 8 luglio 2023: presentato ieri alla stampa il cartellone che comprende 3 opere, 8 concerti, più due opere mozartiane in settembre e novembre, un’opera per bambini e un convegno su Maria Callas... e il 23
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Eventi
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Bologna Festival 2023 che nomi!
redatto da Athos Tromboni FREE
BOLOGNA - La 42ª edizione di Bologna Festival, da aprile a novembre 2023, presenta alcune orchestre europee di spicco come Le Concert des Nations, l’Academy of St Martin in the Fields, l’Orchestre des Champs-Élysées, Les Musiciens du Louvre e la nuova Peace Orchestra Project, con i loro direttori di riferimento Jordi Savall, Philippe Herreweghe
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Approfondimenti
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Orchestra a plettro Gino Neri
servizio di Edoardo Farina FREE
FERRARA - La prima data autunnale riguardante la ripresa della prova d'orchestra era attesa oramai da diverse settimane soprattutto da parte degli anziani esecutori mandolinisti che già da un po' di tempo non avevano più modo di impiegare le noiose serate estive. Eh sì, l'Orchestra a Plettro “Gino Neri” di Ferrara è sempre vissuta attraverso
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Echi dal Territorio
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Il "Frescobaldi" a Casa Romei
redatto da Athos Tromboni FREE
FERRARA - Si apre oggi, giovedì 9 febbraio 2023 ore 17, all’insegna del barocco tedesco con Stefano Squarzina e Stefano Melloni al flauto dolce e Doralice Minghetti al clavicembalo (Sonate a tre di Gottfried Finger, Händel e Telemann), la ormai consueta rassegna di concerti del Conservatorio "Girolamo Frescobaldi" nel museo di
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Pagina Aperta
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A proposito di Milenkovic
lettera di Gianluca La Villa FREE
FERRARA - Indubbiamente Stefan Milenkovic è un gran violinista, dal bel suono che egli trae dal suo Guadagnini del 1783. La sua esecuzione del Concerto in re maggiore op.35 di Ciaicovsky proposto nel Teatro Comunale "Claudio Abbado" per Ferrara Musica, martedi 7 febbraio 2023, era armoniosa e levigata. Mancava certamente delle lacrime e
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Opera dal Nord-Est
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Una nuova Aida fa partire il 100°
redatto da Athos Tromboni FREE
ROMA - La capitale ha ospitato oggi la conferenza stampa di presentazione del festival estivo dell'Arena di Verona (titoli e cast): «In una rutilante alternanza di cantanti lirici, registi e scenografi, direttori d'orchestra e danzatori - hanno preannunciatato i dirigenti della Fondazione Arena - che renderà ognuna delle serate del Festival 2023 una
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Opera dal Centro-Nord
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Raffinata Contessa alle Nozze
servizio di Simone Tomei FREE
LUCCA - Dopo gli eventi della pandemia approda anche al Teatro del Giglio di Lucca Le nozze di Figaro di W.A. Mozart; l’opera è stata coprodotta tra i teatri toscani Goldoni di Livorno, Verdi di Pisa, Giglio di Lucca e fuori regione dal Sociale di Rovigo. Ho già parlato di questo allestimento in un articolo datato novembre 2019 (che potete leggere qui)
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Opera dal Nord-Est
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Macbeth un gemito funesto
servizio di Rossana Poletti FREE
TRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. L’ouverture dell’opera Macbeth, che il regista Henning Brockhaus e lo scenografo Josef Svoboda propongono in un mondo grigio, una petraia o qualcosa di simile, su cui a tratti compaiono tanti teschi ammassati uno sull’altro e fiumi di sangue vi scorrono sopra, mostra subito il tratto del lavoro
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Opera dal Nord-Est
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Le Nozze per giovani
servizio di Angela Bosetto FREE
VERONA – Titolo inaugurale della Stagione operistica 2023 del Teatro Filarmonico, Le nozze di Figaro riporta a Verona tutta la spigliatezza della prima (felicissima) collaborazione fra la rivoluzionaria musica di Wolfgang Amadeus Mozart (nato 267 anni fa a Salisburgo eppure più moderno che mai) e l’affilata penna di Lorenzo Da Ponte, in
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Opera dal Centro-Nord
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Manon Lescaut cresciuta nel tempo
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - L'opera Manon Lescaut di Giacomo Puccini ha di fatto inaugurato la stagione lirica 2023 del Teatro Comunale "Claudio Abbado". Le attese non sono andate deluse per quanto riguarda lo spettacolo in sé, ma sono andate deluse invece per quanto riguarda la partecipazione del pubblico: la sera di venerdì 20 gennaio il teatro era
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Vocale
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Ottimo il Requiem verdiano
servizio di Nicola Barsanti FREE
TORINO - Il più sublime degli elogi funebri dedicati ad Alessandro Manzoni si compie nella Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, capolavoro sinfonico corale designato dal nuovo sovrintendente Mathieu Jouvin per l’inaugurazione della stagione concertistica 2023 del Teatro Regio di Torino. Volendo brevemente contestualizzare quello
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Ballo and Bello
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Il Lago dei cigni incanta Ferrara
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Anche quest'anno, come fu per l'8 gennaio 2022, il Russian Classical Ballet ha fatto riempire il Teatro Comunale "Claudio Abbado" di spettatori, intere famiglie con figlioletti al seguito per il più classico dei balletti, quel Lago dei cigni che l'autore delle musiche, Piotr Ilic Chajkovskij, non ebbe il privilegio di veder trionfare sulle scene, egli
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Opera dal Nord-Est
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Bohèmiens ai tempi della rivoluzione
servizio di Valentina Anzani FREE
VERONA, 31 dicembre 2022 – La Bohème di Giacomo Puccini, messa in scena dalla Fondazione Arena di Verona al Teatro Filarmonico, ha visto sul palcoscenico un nuovo allestimento di Stefano Trespidi, rappresentato per le prime quattro repliche di inizio dicembre con cast diverso da quello della recita di Gala straordinaria del 31 dicembre
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Opera dal Nord-Ovest
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Il Pipistrello incorona Julia Knecht
servizio di Simone Tomei FREE
GENOVA - «Le passioni possono far musica. Ma soltanto musica senza parole. Perciò l’opera è un assurdo… Nell’operetta, invece, l’assurdità è sottintesa« (Karl Kraus, Detti e contraddetti). Apertura d’anno con il botto al Teatro Carlo Felice di Genova dove una spumeggiante produzione de Die Fledermaus di Johann Strauss ha dato il via al nuovo anno
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Opera dal Centro-Nord
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Il Pipistrello vola nell'assurdo
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Nella presentazione di Il Pipistrello, operetta di Johann Strauss figlio su libretto di Carl Haffner e Richard Genée (tratta da “Le Réveillon” di Henri Meilhac e Ludovic Halévy) rappresentata per la prima volta a Vienna nel 1874, il regista e cantante Corrado Abbati, animatore della compagnia che porta da sempre il suo nome, adopera
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Echi dal Territorio
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Eleonora Buratto e il 200° anniversario del Sociale
servizio di Laura Gatti FREE
MANTOVA - Grande ritorno dei melomani la sera del 26 dicembre 2022 al Teatro Sociale per i festeggiamenti del 200° anniversario della fondazione del teatro cittadino, inaugurato il 26 dicembre 1822. Ospite d’eccezione il soprano di Sustinente, Eleonora Buratto, cantante affermata in tutto il mondo
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