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Pubblicato il 16 Dicembre 2024
Nel Teatro Carlo Felice l'opera pių rappresentata di Nino Rota miete un successo formidabile
Gustavo e il Cappello di Paglia
servizio di Simone Tomei
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GENOVA - La magia si è realizzata. La macchina narrativa, precisa come un cronografo di alta classe, ha funzionato senza alcun intoppo. Il palco ha vibrato di energia, grazie a un cast affiatato che ha danzato con grazia tra battute e situazioni surreali. Il pubblico del Teatro Carlo Felice ha apprezzato ogni attimo, immergendosi nella visione e nell’ascolto di Il cappello di paglia di Firenze, un’opera nata dalla genialità creativa di Nino Rota. Nell’allestimento genovese, la regia di Damiano Michieletto ha cucito lo spettacolo con il filo della raffinatezza, facendo della precisione il proprio mantra. Nessuna forzatura, nessuna gag troppo calcata: i personaggi sbocciano sulla scena - curata da Paolo Fantin - con naturalezza, lasciando emergere le loro eccentricità con garbo e misura. La scenografia, essenziale quanto geniale, sfrutta ogni centimetro di palco, mentre un sapiente gioco di luci ideate da Luciano Novelli, aggiunge profondità e movimento alla piattaforma girevole. La scatola bianca al centro della scena è una creatura camaleontica. Le pareti lucide, tempestate di porte che si aprono e chiudono come in un congegno segreto, ruotano e si trasformano senza sosta. Un attimo è la casa di Fadinard, sobria ed elegante nei toni panna e beige. Un secondo dopo diventa una bottega vivace, dove giovani sarte in abiti blu cinguettano al ritmo del cucire frenetico – vola, vola l’ago come se non avesse freni. Poi, d’improvviso, appaiono le strade di Parigi o la dimora della baronessa di Champigny con un divano rosso fiammante che sembra uscito da un film di felliniana memoria.
Il libretto, scritto a quattro mani da Nino Rota e da sua madre Ernesta Rinaldi, prende spunto da una commedia francese di metà Ottocento e ci regala una sfilata di personaggi da manuale del vaudeville: la coppia di promessi sposi, il suocero brontolone, l’amante che scappa dalle finestre, il marito geloso che alla fine chiede scusa, la nobildonna con il suo entourage di paillettes e un cicisbeo con cagnolino al seguito. Tutto si incastra alla perfezione, con le porte che sbattono nei momenti giusti (o sbagliati) e la piattaforma girevole che cambia scena con una rapidità degna di un numero di magia. La scena non si ferma mai: i personaggi corrono, inseguono porte, attraversano strade e piazze parigine dall’aria retrò, con il piccolo albero di fiori d’arancio che perde foglie come un segnatempo strampalato. Nel frattempo, i cantanti si muovono con agilità, sfoderando una verve che non tradisce mai il fiato, regalando al pubblico non solo interpretazioni vocali di ottima fattura, ma anche una recitazione vibrante e ironica. E sopra tutto questo, c’è la musica, un mosaico che mescola Rossini, Verdi, Puccini, Chaikovskij e Offenbach, con sprazzi di jazz e accenni a Wagner. Ogni citazione è un gioco raffinato, ogni nota un omaggio che strizza l’occhio al pubblico; e più la partitura si fa seria, più il libretto sdrammatizza. Come dice lo stesso Damiano Michieletto: «... Ho accolto insieme allo scenografo Paolo Fantin la sfida che "Il cappello di paglia di Firenze" propone, quella di inventare una cifra che faccia convivere sia piccoli dettagli sia i grandi momenti di massa, creati dalla presenza del Coro, mantenendo un tono di leggerezza e fluidità costante nello scorrere dell’opera. C’è un oggetto che più di tutti, a mio avviso, rappresenta lo spirito del vaudeville ottocentesco: la porta. La porta come apertura e chiusura, nascondiglio o fuga di personaggi agitati, nervosi, spiazzati dall’imprevedibile. Le porte sono diventate quindi la sintesi del nostro spazio: un’astrazione mobile e continuamente rinnovata dal movimento della scena che si evolve senza pausa assecondando l’andamento circolare della vicenda.» Completavano la parte visiva i costumi variopinti di Silvia Aymonino. E la musica è stata esaltata all’ennesima potenza dal M° Giampaolo Bisanti che la realizza proprio come si evince da un pensiero scritto nel libretto di sala: «... il cappello di paglia di Firenze è un vero e proprio inno alla vita un invito a sorridere e a lasciarsi trasportare dalla leggerezza della comicità. La partitura di Marcello Rota è un autentico capolavoro, una piccola gemma musicale novecentesca! Un turbine di note che si intrecciano e si rincorrono, creando un tappeto musicale su cui si muovono i personaggi della commedia. La musica, che in alcuni momenti sembra quasi “danzare”, è capace di evocare una miriade di emozioni, dal divertimento più sfrenato alla malinconia più sottile, passando per momenti di grande lirismo che disegnano suggestioni molto evocative.» Giampaolo Bisanti ha diretto con un’energia travolgente e cura meticolosa, regalando una lettura che ha brillato per freschezza ed equilibrio. La sua bacchetta ha danzato con precisione, disegnando un percorso musicale che ha saputo bilanciare i passaggi più serrati con quelli più lirici e distesi. Il risultato è stato quello di un’esecuzione che, pur nelle sue complessità, ha mantenuto coesione e fluidità, trasformando le sfide tecniche in un piacere d’ascolto. L’orchestra del teatro genovese, d’altro canto, ha risposto con prontezza e sensibilità, restituendo ogni sfumatura della partitura con brillantezza e intensità. L’intesa tra la buca e il palcoscenico è stata impeccabile: voci e strumenti si sono rincorsi e abbracciati, in un dialogo continuo che ha reso ogni scena viva e pulsante. Le agogiche, curate nei minimi dettagli, hanno conferito dinamismo e colore, facendo emergere con eleganza ogni tema musicale. Il tutto si è tradotto complessivamente in un vero e proprio slancio di vitalità, capace di esaltare la scrittura orchestrale con una briosa leggerezza, senza mai perdere di vista la solidità dell’insieme.
Un encomio speciale va anche al Coro, che ha aggiunto una dimensione fondamentale all'intero spettacolo. Preparato e diretto dal M° Claudio Marino Moretti, si è distinto per precisione, intensità e coesione; ogni intervento vocale è stato impeccabile, esaltando l'atmosfera e contribuendo a creare quel perfetto equilibrio tra le voci soliste e la forza collettiva del gruppo. Un cast in stato di grazia ha dato vita a una recita indimenticabile, tra voci luminose e interpretazioni scoppiettanti che hanno tenuto il pubblico incollato alle poltrone con il sorriso sulle labbra. Nel ruolo del giovane e frenetico Fadinard, Marco Ciaponi ha brillato con un’esecuzione vivace e impeccabile. La sua voce, squillante e cristallina, ha delineato con precisione un personaggio che si muove con la leggerezza di un funambolo, destreggiandosi con disinvoltura tra acrobazie vocali e fisiche. Ogni frase cesellata con cura, ha restituito un soggetto sfaccettato e credibile sempre in equilibrio tra canto e azione, senza mai perdere smalto o brillantezza. Nicola Ulivieri ha vestito i panni di Nonancourt con irresistibile verve. La sua vocalità potente e scolpita ha incontrato una presenza scenica carismatica e istrionica. Conquista il pubblico con ogni smorfia, ogni gesto, costruendo un personaggio che non solo canta, ma domina il palco con naturale autorevolezza. Paolo Bordogna ha incantato con un doppio colpo da maestro: prima nei panni di Emilio (l’amante) altero e sdegnato, poi in quelli di un Beaupertuis (il cornuto) raffinato e intenso. La sua voce, piena e avvolgente, ha attraversato la sala con eleganza, raggiungendo l’apice nella frase "Un sospetto repente si desta in me"; in quel momento, ogni nota sembrava emergere dalle profondità emotive del personaggio in una fusione di canto e interpretazione che ha toccato corde profonde. Didier Pieri è uno Zio Vézinet irresistibile: la voce fresca e squillante, l’energia scenica contagiosa. Ogni ingresso in scena è stato una piccola esplosione di semplicioneria, impreziosendo l’insieme con carattere e ironia. Gianluca Moro ha dato vita a un Felice frizzante e spassoso, un domestico petulante ma irresistibile; la sua voce precisa e sempre ben proiettata ha aggiunto un tocco di colore a ogni battuta, rendendolo una presenza brillante. Blagoj Nacoski è passato con disinvoltura da un Achille di Rosalba grottesco e irresistibile con un colpo di scena esilarante quando il suo Visconte Achille è apparso in una versione glam da passerella – paillettes luccicanti, sguardo fiero e... guinzaglio alla mano. Ecco quindi spuntare Gustavo, il cagnolino di Nicola Ulivieri, che obbediente e fiero, ha sfilato accanto a Nacoski con la grazia di chi sa perfettamente di essere l’ospite d’onore della serata. Con passo regale Gustavo ha calcato il palcoscenico come se fosse nato per il teatro, scatenando risate e applausi. Da Visconte Achille a Una guardia il passo è stato breve e nel quarto atto lo abbiamo visto impegnato in questo nuovo ruolo. Franco Rios Castro ha completato il cast maschile con Un caporale delle Guardie di solidità vocale.
E a sorpresa, dai piani alti della platea, il violinista Federico Mazzucco – alias Minardi – ha catturato l’attenzione recitando la breve frase in genovese, aggiungendo un tocco locale e autentico alla serata. Anche il versante femminile ha brillato aggiungendo ulteriore vivacità all’intero allestimento. Benedetta Torre, nei panni di Elena, ha regalato un’interpretazione incandescente. La sua voce, precisa e vibrante, ha risuonato con calore, mentre la disinvoltura scenica ha reso il personaggio brioso e pieno di vitalità. Ogni frase, ogni sguardo ha dipinto una giovane sposa che, pur nel vortice degli eventi, non perde mai grazia e leggerezza e nemmeno quell’ilarità che non guasta mai. Giulia Bolcato ha vestito il ruolo della fedifraga Anaide con una deliziosa vis da svampita al punto giusto, catturando il pubblico con una comicità fresca e leggera e rivelando un perfetto equilibrio tra candore e ironia. Marika Colasanto, come La modista, ha messo in mostra non solo grande musicalità, ma anche una presenza scenica che ha fatto breccia. Sonia Ganassi, nei panni della Baronessa di Champigny, ha optato per un’interpretazione sontuosa e imponente, conquistando il pubblico con carisma e simpatia. Se vocalmente è mancato quel guizzo incisivo, la sua presenza scenica ha colmato ogni lacuna, giocando sulle corde della comicità con disinvoltura regale dominando la scena con una leggerezza che strappa facilmente il sorriso. Ed il pubblico? Scatenato, ovviamente con applausi a scena aperta, ovazioni, e battimani. Ma il vero vincitore della serata è stato lui: Gustavo. Sì, proprio Gustavo, il cagnolino di Nicola Ulivieri che ha deciso di rubare la scena a cantanti, registi e persino al direttore d’orchestra. E così, tra voci straordinarie ed una regia raffinata la vera sorpresa non è stata solo la brillante interpretazione dei protagonisti, ma anche questo piccolo, inaspettato trionfatore: il cagnolino Gustavo, che ha conquistato il centro del palco con un'energia e una grazia che hanno strappato applausi scroscianti. Con occhi dolci, scodinzolante e un'aria da "Ehi, anch'io ho lavorato!”, ha rapito i cuori degli spettatori, facendo sì che il suo momento di gloria fosse tanto meritato quanto inaspettato. (La recensione si riferisce alla recita del 15 dicembre 2024)
Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova Nella miniatura in alto: il cagnolino Gustavo il più applaudito in scena e a fine recita Sotto, in sequenza, i protagonisti e le scene di Il cappello di paglia di Firenze di Nino Rota andato in scena con meritato successo a Genova
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Pubblicato il 24 Novembre 2024
Il Festival Donizetti di Bergamo e un cast di ottimo livello dentro il trionfo del capolavoro romantico
Un eccellente Roberto Devereux
servizio di Simone Tomei
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BERGAMO - La versione napoletana del Roberto Devereux inaugura la decima edizione del Donizetti Opera Festival 2024. Il capolavoro di Gaetano Donizetti fin dalla sua prima rappresentazione al Teatro di San Carlo di Napoli nel 1837 ha riscosso grande successo. Ghiotta occasione per il festival bergamasco che la presenta nell’edizione critica curata da Julia Lockhart e pubblicata nel 2022. Si tratta di una scelta significativa, poiché solitamente viene eseguita la versione rivista da Donizetti per il pubblico parigino negli anni successivi. Le differenze più significative tra le due edizioni, sebbene non numerose, includono modifiche alla cabaletta del duetto tra Roberto ed Elisabetta e l'assenza della sinfonia. La trama dell’opera intreccia realtà storica e finzione drammatica, mettendo in scena un complesso quadrilatero amoroso che ruota attorno alla figura di Elisabetta I Tudor. Nonostante il titolo evochi il conte di Essex, il vero fulcro della vicenda è la sovrana inglese, ormai avanti negli anni e innamorata perdutamente di Roberto Devereux. Il sentimento, tuttavia, non è ricambiato: il cuore del conte appartiene segretamente a Sara, moglie del duca di Nottingham, amico fidato di Roberto e leale servitore della regina. Gli eventi precipitano quando Elisabetta e Nottingham scoprono il tradimento grazie a un dettaglio rivelatore: una sciarpa azzurra ricamata da Sara, osservata di nascosto dal marito, e donata a Roberto come simbolo d’amore. In cambio, il conte Roberto le regala un anello che la regina gli aveva offerto, capace di garantirgli la salvezza qualora l’avesse restituito nelle sue mani in caso di pericolo. Il tradimento viene svelato quando la sciarpa viene trovata tra gli oggetti di Devereux.
Furiosa e ferita, Elisabetta firma la condanna a morte del conte. Nel disperato tentativo di salvarlo, Sara cerca di consegnare l’anello alla regina come supplica di grazia, ma viene bloccata dal duca di Nottingham. L’esecuzione ha così luogo, segnando il tragico epilogo di questa intricata vicenda di amore, gelosia e vendetta. Lo spettacolo in scena a Bergamo, diretto da Stephen Langridge, si distingue per un'estetica essenziale e d'impatto, che punta su simbolismi potenti e atmosfere cariche di tensione. La collaborazione con la scenografa e costumista Katie Davenport ha dato vita a un’ambientazione dominata da contrasti visivi e suggestioni elisabettiane, dove il coro, osservatore onnipresente, si erge sopra la scena come un implacabile tribunale. Gli stalli neri in stile rinascimentale incorniciano l’azione, mentre teschi e arredi in rosso segnano il destino incombente dei protagonisti. Un elemento centrale nella lettura registica è la figura di Elisabetta I Tudor, affiancata costantemente da un’inquietante proiezione della sua stessa mortalità: un pupazzo scheletrico, mosso con maestria da due mimi, che ne incarna il doppio spettrale (la regia animazione del pupazzo è stata curata da Poppy Franziska). Questo simbolo di decadenza e morte perseguita la sovrana, ricordandole la differenza d’età con l’amato Roberto e la fragilità del tempo che scorre. Sul palcoscenico, la presenza ossessiva di clessidre e teschi rafforza il leitmotiv della caducità. Il grande letto rosso, simbolo di passione e desiderio, diventa il contrappunto visivo allo spettro di una morte ormai imminente, dominando la scena in varie configurazioni. Sempre presente, fluttua nello spazio come un testimone silenzioso delle relazioni tra i personaggi, comparendo sia nei momenti che vedono protagonista Sara, sia in quelli che coinvolgono la regina. L’intimità e il desiderio irrompono anche attraverso le proiezioni dei versi delle lettere di Roberto, che risplendono sullo sfondo spoglio, interrompendo l’austerità con parole cariche di emozione. Un ruolo di rilievo nella narrazione è giocato dalla corte inglese, rappresentata dal coro, il quale assume il doppio volto di popolo e giudice. Disposto in alto, alle spalle dei protagonisti, il coro osserva e giudica, avvolto in un’atmosfera severa sottolineata dalle fredde luci di neon sospesi, curate da Peter Mumford. Questa presenza opprimente evoca l’idea di un’arena senza uscita, dove ogni personaggio è costretto a confrontarsi con il proprio destino sotto lo sguardo impassibile della collettività. Langridge riesce, con una messa in scena priva di eccessi, ad evocare efficacemente l’epoca di Elisabetta I, mantenendo un’impronta teatrale sostanzialmente classica. La cornice luminosa che separa il palcoscenico in aree pubbliche e private amplifica il senso di confine tra i diversi piani narrativi, ma la sua intensità visiva, pur efficace dal punto di vista simbolico, tende a distrarre e ad abbagliare il pubblico in alcuni momenti.
Il M° Riccardo Frizza, sul podio dell’Orchestra Donizetti Opera, dimostra la sua profonda affinità con il repertorio belcantistico, restituendo al pubblico una lettura tesa e vibrante del Roberto Devereux. Il direttore bresciano affronta la partitura con straordinaria cura, dando vita a un racconto musicale ricco di sfumature, capace di alternare con naturalezza momenti di drammaticità a passaggi lirici di delicata introspezione. Ogni scelta rispetta l’equilibrio tra orchestra e voci, con una sensibilità che valorizza i cantanti senza mai sovrastarli. Frizza non si limita a seguire la scrittura donizettiana: la esalta, scavando nelle pieghe dell’orchestrazione con una lettura attenta alle minime sfumature. La sua direzione restituisce un Roberto Devereux denso di tensione emotiva, sostenuto da una precisione ritmica che dà forma teatrale alla struttura dell’opera. I cambi di tempo, improvvisi e incalzanti, emergono con una chiarezza che contribuisce a costruire un clima espressivo vibrante, dove ogni contrasto dinamico sembra amplificare il tumulto interiore dei personaggi. Il suono dell’orchestra si fa talvolta scarno, tagliente, con ritmo serrato e nervoso che incornicia le passioni e i conflitti dei protagonisti, ma mai privo di calore. I colori orchestrali, sempre calibrati, delineano con nitidezza il carattere cupo di questo capolavoro, mentre la linea melodica si dispiega con struggente bellezza. Il direttore, dal podio, modella l’orchestra seguendo la voce e il respiro dei cantanti, costruendo un dialogo costante tra buca e palcoscenico che arricchisce l’intera esecuzione. Fondamentale anche l’apporto del coro dell’Accademia del Teatro alla Scala, preparato da Salvo Sgrò, che aggiunge ulteriore profondità all’insieme con una prestazione solida e incisiva. Debuttare nei panni di Elisabetta I è una sfida che Jessica Pratt ha accolto con coraggio e consapevolezza, conoscendo le insidie di un ruolo che storicamente si sposa con vocalità più drammatiche. Il soprano australiano – ben nota per la sua maestria nel belcanto in ruoli come Lucia, Amina, Gilda e Regina della Notte – ha saputo infondere nuova vita alla sovrana donizettiana, tracciando un ritratto vibrante di fierezza e fragilità. Il M° Frizza, sostenitore convinto della scelta di Pratt per questo ruolo, ha dichiarato che la voce della Ronzi De Begnis – prima interprete di Elisabetta – presentava caratteristiche non dissimili da quelle della Pratt: agilità straordinaria e leggerezza, ma con una vena drammatica capace di scolpire i passaggi più intensi.
Il risultato è una regina intensa e tormentata, in bilico tra l’austerità del trono e gli scoramenti di una donna ferita. Pratt affronta la partitura con vocalità adamantina, cesellando ogni frase con raffinatezza; la tecnica solida fa da scudo alla gestione dei centri e dei gravi senza fare emergere discrepanze marcate rispetto alla brillantezza degli acuti. Le puntature e le agilità emergono con la consueta sicurezza, mentre l’attenzione meticolosa al fraseggio e la sensibilità musicale danno forma a un personaggio che è capace di commuovere e persino affascinare. Il finale, apice drammatico dell’opera, vede l’artista australiana protagonista di un crescendo emotivo straordinario. Con il sostegno di un tempo orchestrale molto appropriato, “Quel sangue versato” si trasforma in una confessione struggente, in cui ogni parola risuona come un monito e ogni pausa si carica di tensione. La regina, ormai sconfitta dagli eventi, emerge con tutta la sua grandezza tragica, grazie a un uso sapiente del legato e a pianissimi di eterea delicatezza. John Osborn incarna un Roberto Devereux di straordinaria intensità, confermandosi interprete di riferimento per il repertorio belcantistico. La sua voce, leggera ma potente, scivola senza sforzo lungo le ardue tessiture del ruolo, regalando acuti luminosi e una linea di canto impeccabile. Il tenore americano dipinge un Devereux sfaccettato, sospeso tra l’ardore dell’eroe romantico e le fragilità di un uomo in bilico tra onore e passione non limitandosi ad incarnare il favorito della regina con sfrontata eleganza, ma scavando con profondità nei tormenti interiori del personaggio, aggiungendo una dimensione intima e melanconica che emerge nell'aria “Come uno spirto angelico”. Raffaella Lupinacci si distingue con una Sara intensa e vibrante; dona al personaggio una statura di grande spessore, affrontando con padronanza la tessitura complessa del ruolo ed esibendo acuti sicuri e penetranti che si innestano su un registro grave caldo e avvolgente. La sua voce, omogenea e ben proiettata, scivola con naturalezza tra le sfumature dinamiche, offrendo un’interpretazione che coniuga raffinatezza vocale e profondità emotiva. Il canto sulla parola, curato e incisivo, scolpisce ogni frase con intensità drammatica, donando al personaggio una dimensione vibrante e appassionata. Siamo di fronte a una figura femminile tormentata tra l'amore e il dovere, in grado di esprimere con genuinità il dramma interiore di una donna disposta a sacrificarsi per salvare l'uomo che ama. Completa egregiamente il quartetto dei protagonisti il baritono Simone Piazzola, che sa incarnare un Duca di Nottingham di straordinaria intensità, dando vita a un personaggio complesso e sfaccettato; la sua voce baritonale, calda e corposa, risuona con autorevolezza, alternando accenti nobili e appassionati a esplosioni di rabbia feroce scolpendo ogni frase con cura e restituendo con maestria il tormento interiore di un uomo diviso tra amicizia, amore e tradimento. Il colore ricco e vellutato del suo timbro si impone con naturalezza, conferendo spessore aristocratico al duca, ma quando la vicenda precipita, il baritono non esita a liberare una collera implacabile, sottolineata da una potenza vocale capace di riempire la scena. L’eleganza del fraseggio lascia spazio a una spietata risolutezza, rendendo il duca una figura tanto raffinata quanto temibile.
Eccellenti, senza se e senza ma, tutti gli interpreti dei ruoli di fianco: David Astorga (Lord Cecil), Ignas Melnikas (Sir Gualtiero Raleigh) e Fulvio Valenti (Un familiare di Nottingham e Un cavaliere). La platea in tripudio decreta un successo incontrastato per tutti. (La recensione si riferisce alla recita del 23 novembre 2024)
Crediti fotografici: Gianfranco Rota per il Festiva Donizetti di Bergamo Nella miniatura in alto: una eccellente Jessica Pratt nel ruolo di Elisabetta I Tudor Al centro in sequenza: ancora Jessica Pratt; Raffaella Lupinacci (Sara) e John Osborn (Roberto Devereux); Simone Piazzola (Duca di Nottingham) e Raffaella Lupinacci Sotto in sequenza: panoramiche su scene e costumi e primi piani sui protagonisti dell'opera
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Pubblicato il 23 Novembre 2024
Arbitrii e stranezze introdotte per meravigliare dentro un'opera lirica che č giā di per sé meraviglia
Lucia di Lammermoor impiccata a Genova
servizio di Simone Tomei
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GENOVA - Il nuovo allestimento della Lucia di Lammermoor curato dal regista Lorenzo Mariani per la Fondazione Teatro Carlo Felice, in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna e l’Abao-Olbe di Bilbao, ha visto una regia carica di situazioni forti e simboliche e talvolta inopportune. Lo spettacolo si apre con un'immagine scioccante di Lucia impiccata, con il vestito bianco macchiato di sangue, a simboleggiare la brutalità subita dalle donne, secondo la visione del regista giustificando questo potente impatto visivo come un riflesso della violenza sistemica contro le donne. Sebbene la lettura del libretto sia stata travalicata oltre misura, alcuni eccessi, come il trascinamento del cadavere di Arturo e la decapitazione di un cervo, hanno suscitato - almeno in me - situazioni di sconcerto e a tratti di disgusto. Non male i costumi di Silvia Aymonino, con elementi tipici della Scozia come il kilt, e l'ambientazione aggiornata al Novecento, hanno reso la visione meno opprimente. La scenografia di Maurizio Balò, con un grande tendone verde e ampie finestre su cui sono stati proiettati video di alberi e mari in tempesta, ha accentuato l'atmosfera cupa dell’opera. In questo contesto la prima parte dello spettacolo è risultata statica e monotona, con le pesanti tende ora aperte ora chiuse e un'ambientazione tendenzialmente immobile. Nemmeno la violenza ostentata, che avrebbe dovuto essere un elemento clou della regia, è riuscita a sollevare le sorti di uno spettacolo tendenzialmente incolore, inodore ed insapore. Il tentativo di rappresentare la brutalità di allora e di oggi non è stato efficace, e Lucia è risultata modernizzata solo superficialmente ed i maniera piuttosto goffa.
Cominciamo con una panoramica dei cantanti solisti, iniziando con Nina Minasyan. Il soprano, nel ruolo eponimo, ha creato un personaggio di grande impatto grazie ad una non comune art scenica, mostrando doti attoriali molto convincenti. Sebbene la sua voce sia partita in modo leggermente sommesso, è emersa già dal duetto del primo atto con il tenore, maturando progressivamente fino a raggiungere il suo apice durante la scena della pazzia. Questo momento della pazzia, accompagnato da una splendida glassarmonica, è stato eseguito in modo superbo, ricevendo calorosi applausi dal pubblico. Iván Ayón Rivas ha debuttato nel ruolo di Edgardo in una serata da spolvero. Il giovane tenore peruviano ha affascinato il pubblico con il suo timbro raffinato, la voce nitida e brillante e sicurezza negli acuti e dimostrando una meticolosa attenzione alle dinamiche e al fraseggio ha reso la sua interpretazione un fiore all’occhiello della serata. Franco Vassallo ha dato vita a Enrico con una sicurezza vocale impeccabile e una presenza scenica convincente. Il baritono ha brillato sia nel canto che nella recitazione, incarnando perfettamente il carattere spietato e cinico affidato al ruolo. Luca Tittoto, nel ruolo di Raimondo, ha brillato grazie alla sua voce elegante, ben timbrata, curata nel fraseggio e sempre a fuoco. Paolo Antognetti ha interpretato Lord Arturo con altrettanta bravura, offrendo una performance solida e convincente. Anche Alena Sautier (Alisa) e Manuel Pierattelli (Normanno) hanno completato il cast con interpretazioni più che adeguate. La direzione orchestrale è stata affidata al M° Francesco Ivan Ciampa, il cui merito principale è stato gestire abilmente il bilanciamento tra il palcoscenico e il golfo mistico, evitando che l’orchestra sovrastasse le voci. Ha inoltre prestato particolare attenzione ai colori e ai suoni, specialmente nei momenti più intimi, conferendo loro un grande impatto emotivo.
Egregia anche la prestazione del coro del teatro genovese, preparato e diretto dal M° Claudio Marino Moretti. Applausi per tutti da una platea non troppo affollata. (La recensione si riferisce alla recita del 22 novembre 2024)
Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova Nella miniatura in alto: il soprano Nina Minasyan (Lucia di Lammermoor) Sotto in sequenza: Iván Ayón Rivas (Edgardo); ancora la Minasyan; Franco Vassallo (Enrico) Al centro: la scena della pazzia di Lucia In fondo: panoramica sui costumi e saluti finali
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Pubblicato il 18 Novembre 2024
Il Festival Donizetti propone l'opera comica parigina del bergamasco affidandola alla Niermeyer
Don Pasquale č un vaudeville
servizio di Athos Tromboni
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BERGAMO - La sorpresa più lieta, arrivando a teatro per la "prima" del Don Pasquale del Festival Donizetti 2024, è stata che abbiam trovato disponibile un libretto (anzi, un libro) a stampa come succedeva nei migliori anni del secondo Novecento e come non succede quasi più in nessun teatro, specie se di provincia. Il libretto (anzi, il libro) contiene oltre al testo dell'opera adattato per Gaetano Donizetti nel 1842 dal poeta Giovanni Ruffini su un precedente libretto di Angelo Anelli, anche un prezioso contributo musicologico di Candida Billie Mantica (Università di Pavia) sulla genesi di questo lavoro; e positive considerazioni sull'edizione critica voluta dalla Fondazione Donizetti e realizzata da Roger Parker e Gabriele Dotto. Quest'ultimo firma anche due paginette («Riscoprire un capolavoro conosciuto assai») che tracciano il lavoro di ricerca e "ricostruzione" delle partiture di Donizetti (Don Pasquale, Lucia di Lammermoor, e altre) solitamente sottoposte a tagli e a prassi esecutive neanche lontanamente immaginate dall'Autore. Oltre a questi due contributi critici, il libretto (libro) include anche due interviste fatte da Alberto Mattioli rispettivamente a Iván López-Reynoso (direttore d'orchestra) e ad Amélie Niermeyer (regista) dove vengono spiegate sia le scelte direttoriali in osservanza all'edizione critica della partitura, sia le scelte registiche di ambientazione, costumi e architetture che spostano l'azione dal primo Ottocento ai giorni nostri. Siamo cioè al dittico che unisce tradizione e ammodernamento, dove la tradizione si invera nell'esecuzione filologica della musica e l'ammodernamento si crogiola nello stravolgimento della drammaturgia originale.
Così López-Reynoso può dire che «... io uso l'organico previsto (cioè senza dimezzare gli ottoni dell'orchestra, come avviene spesso, ndr) ma li faccio suonare con dinamiche molto diverse... il suono deve essere morbido, dolce, leggero; cercando i colori del passato con gli strumenti del presente ...» E per contro la Niermeyer può annunciare che «... l'autore (cioè Donizetti, ndr) è un ottimo drammaturgo che utilizza magistralmente dei personaggi buffi "classici". Nella nostra messa in scena, però, abbiamo scelto di rileggere questi ruoli della tradizione dell'opera comica in una prospettiva contemporanea. Trovo affascinante mettere in luce le caratteristiche senza tempo dei personaggi e collocarli in un contesto moderno. In questo modo possiamo esplorare le loro motivazioni e i loro conflitti come se fossero nuovi, evidenziando il rilievo che hanno le loro storie per il pubblico di oggi ...» Ed è per questo che in scena si vedono architetture che simulano una villetta in cemento armato (l'interno e l'esterno della casa), una piscina formato vasca jacuzzi, una Fiat 127 rossa targata Bergamo (BG), un trombettista (il maestro Massimo Longhi, prima tromba dell'Orchestra Donizetti Opera) chiedere l'elemosina a cappello come un busker lacero e sporco mentre accompagna la romanza del tenore "Povero Ernesto dallo zio cacciato" affiancato e due cassoni della spazzatura, l'arrivo dei pacchi da Amazon contenenti abiti e gioielli ordinati da Norina/Sofronia subito dopo il matrimonio con Don Pasquale (pacchi recapitati dagli artisti del coro che oltre a cantare recitano, simulando i riders della Glovo), tre musici messicani (Francesco Gaetano Bellarossa e Camilla Melis, chitarre, con Filippo Acquaviva, tamburello basco) che accompagnano la romanesca di Ernesto "Com'è gentil la notte a mezzo april"; e infine tre performer che sono i mimi muti servitori di Don Pasquale (Alessandro Bareggi, Hillel Pearlman e Vittorio Pissacrola) non previsti nel libretto originale. Si tratta di una nuova produzione della Fondazione Teatro Donizetti su un allestimento dell'Opera di Digione (Francia).
L'azione scenica voluta dalla Niermeyer è frizzante, briosa, movimentatissima. La recitazione dei protagonisti e delle comparse è divertente, a volte esilarante, le gag si susseguono una dietro l'altra e comunque lo spettacolo piace ed è rispettosissimo della musica. E risulta, tutto sommato, una riproposizione in chiave attuale del vaudeville che tanto divertiva i nostri bisnonni... Lo staff di palcoscenico si completa con Maria-Alice Bahra (scene e costumi), Dustin Klein (coreografie), Tobias Löffler (meravigliose le sue luci) e Giulia Giammona (assistente alla regia). Sul podio dell'Orchestra Donizetti Opera, il maestro Iván López-Reynoso è stato il deus-ex-machina di una concertazione raffinata e convincente, guidando l'ensemble strumentale a osservare i presupposti raccontati nell'intervista rilasciata a Mattioli (...il suono deve essere morbido, dolce, leggero; cercando i colori del passato con gli strumenti del presente ...) e addirittura brillando nell'organizzazione della musica e del canto nei concertati e negli spassosi sillabati. Molto ben risolto il duetto Don Pasquale/Dottor Malatesta ("Aspetta, aspetta, cara sposina/Il poverino sogna vendetta") che ha restituito all'allestimento bergamasco, in prima esecuzione moderna, l'originale scrittura di Donizetti nella sua intierezza. Rispetto al cast, solo elogi; in primo luogo hanno debuttato due giovani voci, allievi della Bottega Donizetti, vere promesse del belcanto: il soprano Giulia Mazzola (Norina/Sofronia) e il baritono Dario Sogos (Dottor Malatesta). La Mazzola è dotata di un timbro molto seducente e di una vocalità che già denota ottimo apprendimento delle tecniche quali messa di voce, passaggio di registro, controllo dell'intonazione nel superacuto, canto a fior di labbra. Se alla sua preparazione vocale si aggiunge la sua vivacità scenica e la propensione al gesto (naturale) che unisce l'azione al significato, si può solo pronosticare per lei un futuro in carriera di una certa importanza. Al proscenio, durante le ovazioni finali del pubblico, non è riuscita a trattenere le lacrime di gioia (e, probabilmente, anche lacrime di uscita dall'apprensione...) Non da meno il baritono Dario Sogos, morbido, simpatico, attore in pectore, pure lui molto applaudito anche a scena aperta. Ai due allievi di Bottega Donizetti si sono efficacemente affiancati i veterani Roberto de Candia (Don Pasquale) con quella bravura che gli è riconosciuta da almeno tre decenni di frequentazione del repertorio; e il tenore Javier Camarena (Ernesto), protagonista di un'ottima prestazione. E infine un plauso anche al simpatico Fulvio Valenti (Un notaro) che oltre alla sua parte prevista nel libretto, ha obbedito alle disposizioni della regista che lo ha voluto mimo muto sempre in scena dopo la sua prima comparsa come personaggio.
Eccellente il Coro dell'Accademia Teatro alla Scala istruito dal maestro Salvo Sgrò. Applausi per tutti sia dopo ogni aria e duetto o concertato di prassi, sia al termine dello spettacolo, dove il clamore delle ovazioni ha sommerso il calore dei battimani.
Crediti fotografici: Gianfranco Rota per il Festival Donizetti di Bergamo Nella miniatura in alto: il baritono Roberto de Candia (Don Pasquale) Sotto, in sequenza: Giulia Mazzola (Norina/Sofronia); Javier Camarena (Ernesto) e Dario Sogos (Dottor Malatesta); ancora Camarena e la banda di palcoscenico (Francesco Gaetano Bellarossa e Camilla Melis, chitarre, con Filippo Acquaviva, tamburello basco) Al centro: panoramiche su scene, costumi e luci In fondo: ancora la Mazzola e poi de Candia con Camarena e Sogos
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Una Butterfly come dev'essere
intervento di Athos Tromboni FREE
FERRARA - «Abbiamo voluto fare una Madama Butterfly nel rispetto della realtà giapponese dell'epoca, una realtà di usi e costumi ben diversa dall'immaginario occidentale... così abbiamo tolto nel nostro allestimento e nelle scelte registiche tutte quelle "giapponeserie esotiche" immaginate tra fine Ottocento e inizio Novecento in Europa. Ed io - ci tengo a dirlo - non ho fatto la regia di quest'opera, ma ho fatto la sua messa in scena...» Così si è espresso Leo Nucci, il grande baritono passato alla regia dopo una straordinaria carriera di cantante, durante la presentazione dell'opera di Giacomo Puccini nel Ridotto del Teatro Comunale "Claudio Abbado". Questa scelta di Nucci è veramente coraggiosa, coraggiosissima, proprio perché si discosta dalle dominanti regie "moderne" che di moderno hanno il più delle volte solo l'obiettivo della provocazione fine a sé stessa ammantato da una patina di conformismo che sfocia spesso nel deja-vu... un già visto che sa di stantìo.
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Classica
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Saccon Genot Slavėk una meraviglia
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Il Comitato per i Grandi Maestri fondato e guidato dal prof. Gianluca La Villa ha ripreso l'attività concertistica dopo alcuni mesi di pausa: saranno quattro gli appuntamenti fissati per la corrente stagione, il primo dei quali si è svolto ieri, 10 gennaio, nella sede che ospiterà anche gli altri appuntamenti: era la sala nobile del Circolo dei
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Eventi
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Apre Puccini chiude Rossini
redatto da Athos Tromboni FREE
BOLOGNA - Come anticipato nella conferenza stampa di “anteprima” dal sovrintendete Fulvio Macciardi nel luglio dello scorso anno, la Stagione d’Opera 2025 del Teatro Comunale di Bologna proporrà 8 opere in scena e 2 opere in forma di concerto. Le recite si terranno anche per questa stagione al Comunale Nouveau in Piazza della Costituzione 4
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Ballo and Bello
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Lo Schiaccianoci dei rumeni
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Non poteva mancare Lo Schiaccianoci nel periodo delle feste natalizie per il Teatro Comunale "Claudio Abbado". E infatti ecco mobilitato il Balletto dell'Opera Nazionale della Romania per due recite di fine anno a Ferrara (28 e 29 dicembre 2024), recite che hanno praticamente registrato il tutto esaurito. La compagnia rumena, diretta da
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Echi dal Territorio
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Ora tocca a Chiatti e Vinco
redatto da Athos Tromboni FREE
MACERATA - Scambio di auguri e presentazione del nuovo management ieri mattina, lunedì 23 dicembre, nella Gran Sala Cesanelli dello Sferisterio a Macerata: il sindaco e presidente dell'Associazione, Sandro Parcaroli, ha accolto ufficialmente la nuova sovrintendente Lucia Chiatti e il nuovo direttore artistico Marco Vinco scelti per guidare
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Opera dal Centro-Nord
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Mavra e Schicchi insolito dittico
servizio di Simone Tomei FREE
FIRENZE – Gli appuntamenti con la lirica dell’anno 2024 del Teatro del Maggio Fiorentino si chiudono con un dittico tanto inusuale quanto sorprendente che ha accostato due atti unici comici, distanti per stile, cultura e linguaggio: Mavra di Igor Stravinskij e Gianni Schicchi di Giacomo Puccini. Se le disavventure dei parenti di Buoso Donati
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Opera dal Nord-Ovest
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Gustavo e il Cappello di Paglia
servizio di Simone Tomei FREE
GENOVA - La magia si è realizzata. La macchina narrativa, precisa come un cronografo di alta classe, ha funzionato senza alcun intoppo. Il palco ha vibrato di energia, grazie a un cast affiatato che ha danzato con grazia tra battute e situazioni surreali. Il pubblico del Teatro Carlo Felice ha apprezzato ogni attimo, immergendosi nella visione e nell’ascolto
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Opera dal Centro-Nord
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Tosca sancisce l'intestazione a Puccini
servizio di Simone Tomei FREE
LUCCA – Il 29 novembre 2024, il Teatro del Giglio di Lucca, ora ufficialmente "Teatro del Giglio Giacomo Puccini", ha celebrato il centenario della morte del Maestro con un allestimento di Tosca. La giornata, significativa per la città, ha coinciso con la nuova intitolazione del teatro, rafforzando il legame profondo con il compositore lucchese. Il nuovo
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Personaggi
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E il Regio si prende Battistoni
redatto da Athos Tromboni FREE
TORINO - «Il Teatro Regio di Torino è lieto di annunciare la nomina di Andrea Battistoni a Direttore musicale, un momento fondamentale per il Teatro e il suo futuro. Battistoni, figura di spicco nel panorama musicale internazionale, entrerà in carica ufficialmente dal 1° gennaio 2025, con un mandato che abbraccerà le prossime due Stagioni.» È la
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Echi dal Territorio
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Torna il Comitato per i Grandi Maestri
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Il Comitato per i Grandi Maestri fondato e diretto dal prof. Gianluca La Villa, dopo un periodo di pausa, riprenderà nel 2025 l'attività con una serie di appuntamenti musicali principalmente a Ferrara, nel salone nobile di Palazzo Roverella (Circolo dei Negozianti), ma anche a Lucca, nella Chiesa dei Servi. Si tratta di cinque concerti
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Opera dal Nord-Ovest
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Un eccellente Roberto Devereux
servizio di Simone Tomei FREE
BERGAMO - La versione napoletana del Roberto Devereux inaugura la decima edizione del Donizetti Opera Festival 2024. Il capolavoro di Gaetano Donizetti fin dalla sua prima rappresentazione al Teatro di San Carlo di Napoli nel 1837 ha riscosso grande successo. Ghiotta occasione per il festival bergamasco che la presenta nell’edizione critica
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Opera dal Nord-Ovest
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Lucia di Lammermoor impiccata a Genova
servizio di Simone Tomei FREE
GENOVA - Il nuovo allestimento della Lucia di Lammermoor curato dal regista Lorenzo Mariani per la Fondazione Teatro Carlo Felice, in coproduzione con il Teatro Comunale di Bologna e l’Abao-Olbe di Bilbao, ha visto una regia carica di situazioni forti e simboliche e talvolta inopportune. Lo spettacolo si apre con un'immagine scioccante
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Vocale
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Vissi d'arte. Vissi per Maria
servizio di Athos Tromboni FREE
FERRARA - Non è facile evocare il mito di Maria Callas portando in scena uno spettacolo che la racconta, senza sporcare o comunque pasticciare impropriamente i contenuti di quella che fu la vita turbinosa e la virtù artistica della grande cantante. Ci hanno provato i componenti del trio Ensemble Musica Civica con Dino De Palma (violino), Luciano
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Eventi
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La stagione sinfonica 2025 dei felsinei
redatto da Athos Tromboni FREE
BOLOGNA - Ventuno concerti costituiscono l’ampia e variegata offerta sinfonica, che caratterizza la stagione 2025 del Teatro Comunale di Bologna, in programma dal 12 gennaio all’11 dicembre 2025 all’Auditorium Manzoni, alle 20.30 nei giorni feriali e alle 17.30 la domenica. Sono ben 20 gli appuntamenti in abbonamento, che spaziano dal
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Opera dal Nord-Est
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La Traviata dello sballo
servizio di Rossana Poletti FREE
TRIESTE - Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. La Traviata, che ha aperto la stagione lirica del Verdi, denota subito un tratto lampante della regia di Arnaud Bernard: l’evidenziare in maniera sguaiata la licenziosità dei costumi. Di fatto parliamo di una mantenuta che, se anche moralmente riscattata nel finale da Alfredo, come pure dal padre di lui,
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Opera dal Nord-Ovest
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Don Pasquale č un vaudeville
servizio di Athos Tromboni FREE
BERGAMO - La sorpresa più lieta, arrivando a teatro per la "prima" del Don Pasquale del Festival Donizetti 2024, è stata che abbiam trovato disponibile un libretto (anzi, un libro) a stampa come succedeva nei migliori anni del secondo Novecento e come non succede quasi più in nessun teatro, specie se di provincia. Il libretto (anzi, il libro) contiene
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Opera dall Estero
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Madama Butterfly ciak si gira
servizio di Ramón Jacques FREE
LOS ANGELES (USA), Dorothy Chandler Pavilion - Il mese di settembre segna l'inizio di quasi tutte le stagioni dei teatri d'opera americani, e la Los Angeles Opera, uno dei teatri più importanti del Paese, che propone un'interessante offerta di titoli, ha inaugurato il proprio ciclo con la già celebrata e apprezzata Madama Butterfly di Giacomo Puccini
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Vocale
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Requiem salvato dalle voci
servizio di Simone Tomei FREE
LIVORNO - Rappresenta un debutto assoluto per il Teatro Goldoni e più in generale per i teatri livornesi l’esecuzione della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, uno dei più grandi e sentiti capolavori del Cigno di Busseto, che fino ad oggi aveva avuto un'unica esecuzione nella città labronica nel 1986 a Villa Mimbelli. È con questo concerto inaugurale
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Opera dal Centro-Nord
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Il paradigma č un cavallo
servizio di Simone Tomei FREE
PARMA - Nel 1849 Giuseppe Verdi presenta a Roma La Battaglia di Legnano, un'opera in quattro atti con libretto di Salvatore Cammarano. Ambientata nel 1176, durante la celebre battaglia in cui la Lega Lombarda sconfisse l'imperatore Federico Barbarossa, l'opera va oltre la semplice rievocazione storica, riflettendo profondamente
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Echi dal Territorio
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Miracolo al soglio di sor Giacomo
FREE
TORRE DEL LAGO (LU) - È l’avvocato Fabrizio Miracolo il nuovo presidente della Fondazione Festival Pucciniano nominato dal sindaco di Viareggio, Giorgio Del Ghingaro, alla guida della stessa Fondazione; il neo presidente si dice «... profondamente onorato per la fiducia ricevuta dal primo cittadino. È un incarico – ha poi proseguito – che rappresenta
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Opera dal Centro-Nord
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Appunti dal Festival Verdi
servizi di Angela Bosetto e Nicola Barsanti FREE
PARMA - Era il 10 ottobre 1813 quando, alle Roncole di Busseto, Luigia Uttini diede alla luce Giuseppe Fortunino Francesco Verdi, colui che, citando Gabriele D’Annunzio, avrebbe dato voce alla speranza e ai lutti, pianto e amato per tutti. Tradizione vuole dunque che, nell’ambito del Festival Verdi di Parma e Busseto, il decimo giorno del
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Opera dall Estero
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Ballo in maschera di stelle
servizio di Ramón Jacques FREE
SAN FRANCISCO (USA), War Memorial Opera House - Ci sono alcune opere liriche che hanno un legame o un significato speciale con alcuni teatri, e una di queste è Un Ballo in Maschera di Giuseppe Verdi con la San Francisco Opera, titolo scelto dalla compagnia per avviare la nuova stagione, la 102 ̊ della propria storia. Quest'opera verdiana ebbe
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Opera dal Nord-Ovest
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Giro di vite diversamente fatto
servizio di Simone Tomei FREE
GENOVA - Due teatri genovesi, il Nazionale ed il Carlo Felice, hanno avuto un’idea innovativa e affascinante per l’apertura della nuova stagione 2024-2025, proponendo un duplice spettacolo che unisce prosa e opera, presentato al Teatro Ivo Chiesa. È la prima volta in Italia che il pubblico può assistere a un dittico in cui viene messo in scena lo
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