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Diari dei Cronisti
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Dopo la fatica di assistere a un (forse) Rigoletto la fatica corroborante del mestiere di boscaiolo |
Il legno di Bregenz e la legna di Denore |
Athos Tromboni |
Pubblicato il 21 Agosto 2020 |
DENORE (FE) - Ieri sera (sì, ieri sera, giovedì 20 agosto 2020) ero esausto. Avevo pubblicato di mattina prestissimo una recensione di un concerto pop seguito al Castello Estense di Ferrara; e subito dopo, senza neanche una pausa fra lavoro intellettuale e lavoro manuale, avevo tagliato e portato a casa, deponendoli nella mia legnaia, cinque alberi (tre molto grossi) raccolti nel parco di Giorgio, abbattuti dall'ultimo fortunale che a me personalmente aveva divelto, come fosse una piuma, la pensilina delle automobili. Ero esausto. Eppure ho resistito davanti alla televisione (Rai 5) per il Rigoletto di Giuseppe Verdi andato in scena al Festival di Bregenz l'estate dell'anno scorso. Era una "prima" televisiva di uno spettacolo passato alla storia delle polemiche e della critica per una regia moderna, ambientata in un circo equestre: in questa eccentrica trasgressione Rigoletto è un clown, il Duca di Mantova il direttore della compagnia circense, Sparafucile un lanciatore di coltelli vestito da scheletro e Maddalena una soubrette sua assistente, Monterone un mago illusionista, e via via dalla trasgressione alla esagerazione. L'opera (opera?) a Bregenz era cominciata al tramonto, le luci del giorno stavano virando al rosso di sera, il pubblico era numeroso, la clowneria stava andando in scena. Proprio una clowneria, non c'è che dire...


Merito accreditato (o demerito?) al regista Philipp Stölzl, merito favorito da una monumentale scenografia di Heike Vollmer e dello stesso Stölzl: loro due hanno ideato una mastodontica e sardonica testa di pagliaccio che sbuca dall’acqua del Lago di Costanza; testa che, nel corso della recita, assume sempre più le fattezze di un orribile teschio; ai lati, due gigantesche mani in movimento, una delle quali impugna una mongolfiera: su quel pallone aerostatico che si libra in aria, Gilda canterà la sua deliziosa aria “Caro nome”. Tralascio giudizi e meriti del cast, tutti bravi. Ci sono decine di recensioni in rete, per chi volesse approfondire.

Io mi rivolgo ora al mio diario, perché al legno della testa di pagliaccio e delle mani enormi ideate, costruite e fatte muovere da Stölzl, ho abbinato (per una mia associazione di idee) il legno, anzi, la legna portata a casa e lavorata per l'inverno che verrà. Stölzl era assistito da Vollmer... io, stamattina (sì, stamattina, 21 agosto 2020) sono assistito dalla presenza silenziosa e rassicurante di Diana, la mia pastora tedesca che ubbidisce solo a me, perché con gli altri è testarda e fa quel che vuole. Forse ubbidisce a me perché quando le ho insegnato alcune parole fondamentali per farle capire ciò che volevo facesse, se lei si rifiutava io mi rivolgevo a essa con la voce arrabbiata e perentoria; e se si rifiutava ancora arrivavo a urlare; e se si rifiutava ancora e ancora allora le davo un ceffone certamente non delicato ma neanche pericoloso, accompagnandolo con la voce arrabbiata, più sul forte che sul mezzoforte. Le prime volte (era cucciolona) non capiva, mi guardava interrogativa, non aveva mai prese le busse in vita sua, cercava di difendersi facendo vedere i denti, digrignava; ma visto che non m'incuteva paura e anzi mi avvicinavo facendo il gesto di darle un ceffone ancora più forte, ha imparato da subito desistere e a obbedire. Dopo poche di quelle manfrine, Diana ha cominciato a distinguere, dal tono della voce, quali sono le coccole, quali i comandi e quali i divieti... e tuttora - che ha quasi 12 anni - obbedisce. Purtroppo solo a me.

Dunque, Diana che mi fa compagnia. E io che mi trasformo da critico musicale in boscaiolo e monto e dispongo lo spaccalegna, la sega circolare a banco, le cesoie, il falcetto e tutto l'armamentario per fare a pezzi i cinque alberi di Giorgio, ridotti a tronchetti là nel suo piccolo parco, ma da trasformare, qui nella mia legnaia, in ceppi spaccati; i famosi, dialettali, zucatìn,. Non so se esista una parola che traduca in lingua italiana il dialettale zucatìn (sostantivo invariabile, sia al singolare che al plurale: al zucatìn; i zucatìn); forse la parola in lingua è "ceppo", ma secondo il dizionario Treccani la parola "ceppo" identifica sia la parte inferiore del tronco dell'albero, sia un pezzo di legno tagliato a misura per la stufa o il caminetto... invece nel mio dialetto i zucatìn i'è propia i zucatìn, no la zepa... Allora comincio il lavoro di stamattina dalla legna di fico, bianca, odorosa, piacevole da spaccare perché non si sfrangia in pezzi filati, spaccatura netta, toc! alla prima pressione del martello dello spaccalegna; legna buona, quando stagionata, per fare fiamma che scalda e alimenta il fuoco, ma la sua brace non tiene, dunque sconsigliata per le grigliate. Poi passo a spaccare la legna di acero rosso, bruna, rossastra al centro, ancora più profumata del fico, resistente, si spacca ma fa lamelle filate che neanche a tirarle a tutta forza si rompono... allora bisogna - per separare i zucatìn - dare alle lamelle qualche colpo con il falcetto (anzi, in dialetto si chiama falzón) per separare le parti ormai spaccate. Non so come si comporterà l'acero rosso stagionato: se farà fiamma e brace, oppure anche lui solo fiamma. Certo, è un legno dolce, arrendevole, come quello del fico, vedremo quest'inverno come risponderà, nel camino, alle aspettative... Infine la robinia, legno tosto, giallo, questo sì, una volta stagionato, adatto per la brace da grigliata. Spacca e impila, spacca e impila, e la legnaia cresce. Tiro dritto fino a sera, il sole sta per tramontare sulla campagna di Denore, il lavoro è finito. La fatica si fa sentire. Ma è una fatica benefica, fatta di forza e di sudore. Ben diversa, più corroborante, della fatica di dover assistere per televisione a un Rigoletto che non è più di Francesco Maria Piave (il librettista obliato e umiliato da Stölzl) e forse neanche più di Verdi, se non per la melodia gli acuti e i vocalizzi che diventano, purtroppo, un accessorio dell'opera in scena.
Crediti fotografici: Fototeca gli Amici della Musica.Net Nella miniatura in alto: il regista Philipp Stölzl
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redatto da Athos Tromboni FREE
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