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Il Teatro Comunale 'Claudio Abbado' di Ferrara ha aperto molto bene la stagione lirica |
Un Flauto davvero magico |
intervento di Athos Tromboni |
Pubblicato il 07 Dicembre 2024 |
FERRARA - Ci vuole coraggio per aprire una stagione lirica di buon prestigio quale quella del Teatro Comunale "Claudio Abbado" con un capolavoro come Die Zauberflöte (Il flauto magico) di Mozart affidando i ruoli principali a giovani cantanti, allievi del corso di perfezionamento tenuto dal maestro Leone Magiera proprio a Ferrara: vero è che si tratta di promettenti artisti, selezionati a suo tempo dopo un vasto giro di audizioni, e inseriti in un’attività triennale che è stata sia di formazione che di produzione; il risultato lo si è visto venerdì sera, 6 dicembre 2024: un risultato che ha confermato una notevole crescita professionale di questi giovani. La testimonianza più probatoria del risultato è data dagli applausi a scena aperta e dalle ovazioni finali che tutti si sono meritati; un'accoglienza calorosissima del pubblico che gremiva il Teatro Abbado fino all'esaurito (sold out, si dice oggi con un inglesismo entrato nella prassi). Il che significa che il coraggio può essere addotto quando la sostanza ha fondamento dentro delle potenzialità fondamentali. Così, siccome l'onore - in questo caso - va al merito, citiamo tutto il cast come prima notizia di questa recensione: erano in scena Yulia Merkudinova (Pamina), Claudia Urru (Astrifiammante, regina della notte), Younggi Do (Tamino), Dmitrii Grigorev (Sarastro), Gianluca Failla (Papageno), Alessandra Adorno (Papagena), Gianluca Convertino (Oratore), Giulio Riccò (Primo sacerdote), Carlo Enrico Confalonieri (Secondo sacerdote), Gesua Gallifoco, Silvia Caliò e Janessa Shae O'Hearn (le Tre Dame), Khloe Kurti, Lorenzo Pigozzo e Giovanni Maria Zanini (i Tre Fanciulli - "prestati alla produzione dall'Accademia A.Li.Ve), oltre ai figuranti Francesco Ferri, Nicola Franz, Lorenzo Neri, Davide Craglietto, Michele Greco e il mimo (la mima?) Elisabetta Galli.



La messa in scena di Marco Bellussi ha percorso anche stavolta il credo artistico di questo regista che ormai da più stagioni viene incaricato di "disegnare" un'opera a Ferrara: le sue qualità sono la precisione dei movimenti scenici (solisti e coro), la pretesa della recitazione dei cantanti, l'essenzialità degli arredi e delle attrezzerie, la raffinatezza dei costumi, e un certo fare complessivo che ricorda l'eleganza poetica delle belle cose di pessimo gusto: ma belle appunto. Così il disegno del "suo" Flauto magico diventa proprio una favola immaginifica, una sorta di copula parachimica (cioè, secondo i manuali scolastici, la parte di un "composto" capace di mischiarsi con altri atomi o gruppi per dare sostanze diverse e nuove) che combina insieme le avventure di Alice nel paese delle meraviglie e le meraviglie di Harry Potter nel paese dei babbani. Per Bellussi la scena si svolge in una grande biblioteca (e dove se no?) perché è nei libri - fin dai primi incunaboli del libro dei libri, la Bibbia - che si cela la conoscenza ed è attraverso i libri che si disvela la sapienza; sapienza e conoscenza che dovranno essere scoperte dal principe Tamino nel suo viaggio attraverso i pericoli e le privazioni per assurgere al mondo degli eletti e meritarsi l'amore di Pamina. La grande biblioteca è formata da tre scaffali montati su un disco rotante che fa cambiare prospettiva alle scene a seconda che si voglia mostrare o nascondere quel che succede fra gli scaffali, davanti agli scaffali, dietro gli scaffali, sopra gli scaffali; l'effetto cercato è di rivelare comunque quel che c'è in luce e quel che c'è in ombra, il materico e l'esoterico (la scenografia è realizzata da Matteo Paoletti Franzato). Poi ci sono le videoproiezioni sugli scaffali e sui fondali del palcoscenico (curate da Fabio Massimo Iaquone) che conferiscono una sorprendente tridimensionalità alla scena, a volte inquietante, a volte rasserenante. Infine i costumi (belli, di Elisa Corbello) che imitano epoca e abbigliamento del "viandante" di Caspar David Friedrich, la sua osservazione dell'infinito e dell'immanente, che tanta poesia romantica ha ispirato per i Lieder di Schubert, Schumann, Wolf e altri. Stupende, poi, le luci di Marco Cazzola che contribuiscono a rendere suggestiva la narrazione.


Sotto il profilo musicale, il direttore Massimo Raccanelli ha confermato la sua preparazione mozartiana già da noi elogiata nella scorsa stagione per la sua conduzione di Nozze di Figaro (anche quell'opera fu messa in scena sotto la direzione musicale di Leone Magiera): ma mentre le Nozze erano su libretto in lingua italiana di Lorenzo Da Ponte, cantate prevalentemente da giovani interpreti italiani, questo Flauto magico è in tedesco, affidato a cantanti prevalentemente italiani e comunque non di madrelingua. E allora che cosa si è udito nel canto soprattutto delle parti a più voci (duetti, terzetti, concertati)? Si è udito un canto sillabico che ha sicuramente facilitato lo spelling melodizzandolo, mentre il ricorso al legato si è avuto solo nelle arie solistiche soprattutto di Pamina e Tamino. Novità (ma non novità assoluta, perché ogni tanto nei teatri, soprattutto di provincia, viene adottata): il recitato è in italiano, mentre tutto il resto, sorretto o intonato comunque da musica d'accompagnamento (recitativo, arie, parti d'assieme) rimane in tedesco con sopratitoli perfettamente sincronizzati. La parte recitata in italiano si è mostrata comunque sufficiente per dare un significato inequivocabile alla "trama" dell'opera e per favorire l'ascolto attento da parte del pubblico. Sulla concertazione di Raccanelli non ci dilunghiamo se non per dire che ci è piaciuta moltissimo. E questo marca la nostra differenza con altri colleghi critici musicali che hanno invece espresso durante l'intervallo giudizio negativo (lo scriveranno anche nelle loro corrispondenze?) sul direttore d'orchestra. Sulle voci: ottime le prestazioni di Yulia Merkudinova (Pamina), Claudia Urru (Astrifiammante) e Gianluca Failla (Papageno, il più applaudito a fine recita) e comunque pregevoli tutti, segno di una preparazione meticolosa e di un'applicazione indefessa che dimostrano come il canto lirico possa essere il nerbo, la spina dorsale, insomma l'esempio più probatorio della musica della voce. Brava l'Orchestra città di Ferrara sotto la direzione di Raccanelli. Ottimo il Coro del Teatro Comunale di Ferrara preparato da Teresa Auletta. Sorprendente il canto in lingua tedesca dei Tre Geni dell'Accademia A.Li.Ve di Verona. Soddisfatto il pubblico. Replica domenica 8 dicembre ore 16,00. (La recensione si riferisce alla recita di venerdì 6 dicembre 2024)

Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal per il Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara Nella miniatura in alto: il direttore Massimo Raccanelli Sotto, in sequenza: Dmitrii Grigorev (Sarastro); Yulia Merkudinova (Pamina) e Gianluca Failla (Papageno); Janessa Shae O'Hearn, Gesua Gallifoco e Silvia Calio (le Tre Dame); una pittoresca istantanea del Teatro Abbado; i costumi del Coro e i tre scaffali della biblioteca dove s'immagina l'azione dei protagonisti Al centro: Younggi Do (Tamino) e Yulia Merkudinova fra i due Sacerdoti Carlo Enrico Confalonieri e Giulio Riccò: panoramica su scene, costumi e proiezioni Sotto: altra bella panoramica del Teatro Comunale ferrarese
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