Pubblicato il 14 Agosto 2025
Arena di Verona - Diamo conto di una ''prima'' e due repliche dei rispettivi titoli vediani
Rigoletto, Nabucco e Aida servizio di Nicola Barsanti

20250814_Vr_00_Rigoletto_phEnneviFotoVERONA - L’anfiteatro Arena, con i suoi duemila anni di storia e le gradinate che custodiscono memoria e suggestione, si conferma il più imponente palcoscenico a cielo aperto dedicato all’opera lirica. Ogni estate l’antico anfiteatro romano si trasforma in una cassa armonica naturale, dove le note dei grandi compositori si fondono con l’energia collettiva di migliaia di spettatori, dando vita a un’esperienza unica. In questa recensione ci soffermeremo sulle repliche di tre capolavori verdiani che incarnano l’essenza del melodramma italiano: Rigoletto, Nabucco e Aida, opere in cui si intrecciano passione, conflitto, destino e catarsi.

Rigoletto
Tra i titoli più amati del repertorio verdiano, Rigoletto approda ancora una volta sul palcoscenico dell’Arena di Verona, suggellando il cartellone del 102° Opera Festival con la forza drammatica e musicale di un’opera che da sempre divide, emoziona e sorprende. La sera dell'8 agosto è stata la "prima" di una "ripresa"per questo titolo. Ecco com'è andata:
Quando Verdi riceve nel 1850 la commissione di un nuovo lavoro per il Teatro La Fenice di Venezia, la scelta del soggetto si rivela subito problematica. Il librettista Francesco Maria Piave propone infatti di trarre ispirazione dal dramma di Victor Hugo "Le roi s’amuse", che racconta le vicende del buffone di corte Triboulet e del suo signore dissoluto, Francesco I di Francia. La censura austriaca, che domina i teatri del Lombardo-Veneto, vede con sospetto ogni accenno a figure regali screditate e a passioni dirompenti, imponendo a Verdi e Piave un fitto lavoro di adattamento. Nasce così Rigoletto, ambientato a Mantova e non più alla corte di Francia: un “buffone di corte” deforme e tragico che, dietro il sorriso amaro, cela l’angoscia di un padre e l’impotenza dell’uomo di fronte al destino.

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La regia di Ivo Guerra riprende la storica messinscena concepita nel 1928 da Ettore Fagiuoli, che firmò il debutto areniano del tenore Giacomo Lauri Volpi, sotto la direzione artistica di Giovacchino Forzano.
Ivo Guerra già nel 2003 ne aveva curato la ripresa, e oggi la ripropone con lievi adattamenti, conservandone però lo spirito originario. Il pubblico è così trasportato in un impianto scenico che esalta i canoni della tradizione: quinte dipinte e architetture di gusto rinascimentale, che evocano con immediatezza i luoghi del libretto - dal palazzo del Duca di Mantova alla locanda di Sparafucile - senza cedere a eccessi modernizzanti. L’Arena si trasforma così in un immenso teatro all’antica, dove lo spazio monumentale amplifica l’efficacia della narrazione.
La mano di Raffaele Del Savio rende le scene vive e suggestive, arricchite dai costumi sontuosi di Carla Galleri e dalle luci di Claudio Schmid, efficacissime soprattutto nella tempesta del quarto atto: il buio squarciato dai lampi trasforma il dramma in una vera apocalisse visiva e sonora.
La scelta di una regia tradizionale dunque, fedele all’ambientazione rinascimentale voluta da Verdi, restituisce al dramma la sua forza visiva ed emotiva senza sovrastrutture concettuali. Le scene fastose, i costumi sontuosi e la chiarezza narrativa creano un’atmosfera che conquista immediatamente il pubblico.
Critici e spettatori concordano: questa produzione dimostra come la tradizione, quando è realizzata con rigore e qualità, sappia ancora entusiasmare. I commenti positivi si moltiplicano, sottolineando la capacità dell’allestimento di restituire la potenza teatrale di Verdi e la suggestione unica di un anfiteatro che, sotto le stelle, continua a trasformarsi nel più grande tempio dell’opera lirica.
Venendo al cast, il Duca di Mantova vede il debutto areniano di Pene Pati, artista dalla bella presenza scenica che riesce a tratteggiare un duca affascinante, ma dalla resa vocale altalenante. Nei centri la voce è ampia e corposa, mentre gli acuti - in particolare in "Parmi veder le lagrime" e "La donna è mobile"  - risultano faticosi e poco fluidi. Una prova non memorabile, che tuttavia lascia intravedere potenzialità per il futuro.
Ludovic Tézier, subentrato al previsto Amartuvshin Enkhbat, si conferma ancora una volta una grande voce verdiana. Lo smalto brunito e il timbro omogeneo in tutta la gamma, uniscono potenza e duttilità espressiva: l’emissione è sempre piena e controllata, il fraseggio scolpito con eleganza e il dominio stilistico ineccepibile. Il risultato è un Rigoletto di vibrante ambiguità, in bilico costante tra sarcasmo amaro, fragilità paterna e furia vendicativa.
Nel duetto con Gilda, “Figlia! Mio padre!”, Tézier plasma la linea vocale con morbidezza e accenti di struggente tenerezza, restituendo tutta la dimensione umana di un uomo diviso fra l’amore per la figlia e l’odio per la società che lo schiaccia. Diversamente, nell’invocazione finale “Ah, la maledizione!”, la voce si fa cupa, metallica, quasi lacerata, sottolineando il precipitare del destino e imprimendo al finale un carattere di tragica inevitabilità.
Nina Minasyan (Gilda), affronta con coraggio l’immensità dell’Arena. Il suo strumento, lirico e non troppo ampio, riesce comunque a emergere con eleganza: "Caro nome" è intonato con grazia e precisione, mentre i momenti drammatici - dal rapimento al sacrificio finale - la vedono intensa e credibile.
Gianluca Buratto offre uno Sparafucile da manuale: la sua voce cavernosa e profondamente proiettata domina ogni intervento, in particolare il duetto con Rigoletto, "Quel vecchio maledivami!", e la scena finale, dove il suo timbro scuro rende palpabile il presagio di morte.
Martina Belli, al debutto areniano, veste i panni di Maddalena con freschezza scenica e sensualità marcata: la sua voce calda si integra perfettamente nel celebre quartetto £Bella figlia dell'amore", in cui ogni linea melodica si intreccia in un equilibrio mirabile.
Di rilievo anche i comprimari: Agostina Smimmero (Giovanna) accompagna con sensibilità, Abramo Rosalen presta nobile dignità al Conte di Monterone, Nicolò Ceriani (Marullo) e Matteo Macchioni (Borsa) donano vivacità alle scene di corte.
Francesca Maionchi impreziosisce la parte della Contessa di Ceprano, mentre Ramaz Chikviladze e Elisabetta Zizzo completano con professionalità il quadro nei ruoli dell’ Usciere e del Paggio.
Sul podio il giovane direttore Michele Spotti si distingue per energia e chiarezza. La sua lettura è incalzante ma mai eccessiva, capace di far emergere i contrasti della partitura: dalla tensione drammatica del preludio alla delicatezza dei duetti. L’orchestra risponde con compattezza e dinamiche sempre equilibrate, senza mai soverchiare le voci. L’esecuzione si mantiene dunque in piena coerenza con l’impostazione tradizionale di regia e scene, rinunciando al consueto acuto di tradizione (il Si bemolle) che Rigoletto spesso esegue alla fine del duetto con Sparafucile, in chiusura del primo quadro del primo atto.
Fondamentale, come di consueto, il contributo del Coro dell’Arena, preparato ottimamente dal maestro Roberto Gabbiani, che dà vita a masse sonore coese e penetranti.
Il risultato è uno spettacolo che emoziona e convince, suggellato dagli applausi convinti di un pubblico che, sotto le stelle di Verona, continua a vivere il melodramma come un rito collettivo e senza tempo.

Nabucco
L’unica differenza rispetto alla serata inaugurale riguarda un problema tecnico: le semisfere presenti sul palco, concepite per muoversi e unirsi nel finale, rimangono statiche, limitandosi a illuminarsi senza compiere la prevista trasformazione scenica. Per la regia e le scene si rinvia alla cronaca della serata inaugurale che potete trovare qui; ciò che in questa sede merita rilievo è la dimensione musicale ed esecutiva, capace di imprimere ancora una volta un segno profondo.
Luca Salsi,  affronta il ruolo del titolo con una vocalità salda e proiettata, appoggiata su una colonna d’aria costante che gli consente un legato nobile e un fraseggio terso nelle sezioni declamatorie dei primi atti. La linea resta sempre ben “coperta” in zona di passaggio, con centri corposi e acuti messi con sicurezza, senza mai forzare la maschera. Nella grande pagina del quarto atto, “Dio di Giuda!”, il controllo rimane esemplare (fiati misurati, smorzature a fuoco, dinamiche calibrate), ma l’accento non si abbandona mai davvero al lato contemplativo e lacerato della preghiera: l’eloquenza è impeccabile, l’emozione arriva filtrata. Ne risulta un Nabucco regale, scolpito e stilisticamente pulito, cui giova però un surplus di rischio espressivo per trasformare la supplica in autentica ferita sonora.
Francesco Meli, nel ruolo di Ismaele beneficia di una scrittura centrale comoda che ne valorizza il timbro luminoso. Nel duettino del I atto con Fenena e nelle successive pagine d’assieme, la linea di canto scorre sul fiato con naturalezza, il passaggio è elegantemente mascherato e gli attacchi sono sempre nitidi. Il tenore predilige un’emissione “in avanti” di cristallina chiarezza, evitando ogni enfasi verista: l’accento resta cavalleresco ma lirico, con legature morbide e puntuali appoggi sulle parole chiave (senza sforzo né spinta). Nei concertati, l’impostazione resta esemplare: proiezione omogenea, intonazione salda, squillo misurato quando serve emergere dal coro e dall’orchestra.

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Alexander Vinogradov impersona il pontefice ebreo Zaccaria dando prova di possedere uno strumento autenticamente 'sacrale'. Nella sortita “D’Egitto là sui lidi” scolpisce arcate ampie, sostenute da un appoggio granitico e da un grave risonante, mai opaco; il registro centrale è omogeneo, tornito, e la proiezione si espande senza sforzo nello spazio areniano. In “Tu sul labbro de’ veggenti” la tavolozza dinamica si fa più sottile: smorzature ben timbrate, mezzevoci a fuoco, autorevolezza mantenuta anche nel piano. L’articolazione sillabica resta chiara (ottima dizione), il fraseggio assume quell’autorevolezza profetica che Verdi intende al cuore della drammaturgia, e le cabalette sono condotte con saldo senso del ritmo, senza secchezza.
Olga Maslova (Abigaille) sorprende per l’assetto tecnico completo richiesto da un ruolo 'ibrido' tra drammatico d’agilità e spinto; in “Anch’io dischiuso un giorno” dosa con intelligenza la morbidezza del cantabile (filati ben sospesi, legature pulite) e una gestione del registro di petto sempre connessa al centro, mai scollata, mai gridata. Nella cabaletta “Salgo già del trono aurato” sfoggia agilità sillabate nette, salti intervallari messi con precisione e acuti estremi centrati a pieno fuoco, senza perdere qualità timbrica. Nel finale, “Su me… morente esanime”, il colore si fa crepuscolare: la cantante lima il metallo dell’emissione, lavora di mezzevoci e smorzature che restituiscono una donna vinta e finalmente umana. È una lettura che rifiuta lo strillo e le sgrammaticature espressive: il carattere è feroce ma scolpito nel canto, non nel gesto.
Anna Werle offre una Fenena di velluto: centri rotondi, risonanze calde, una linea che predilige il legato 'sul fiato'. Nel terzettino del primo atto la voce si incastra con eleganza nelle trame orchestrali senza perdere presenza; nell’aria “Oh dischiuso è il firmamento” costruisce un arco espressivo coerente, con dinamiche ben sfumate, puntuali portamenti e apici sonori controllati (mai spinti). Il personaggio guadagna una dimensione di pietas sincera e musicale, sostenuta da un’emissione sempre pulita e da un fraseggio sobrio ma partecipe.
Completano con professionalità Gabriele Sagona (Gran Sacerdote di Belo), Matteo Macchioni (Abdallo) ed Elena Borin (Anna).
L’equilibrata direzione del maestro Pinchas Steinberg imposta tempi sostenuti ma mai vertiginosi, arie e cabalette respirate con naturalezza, e un rapporto buca/palco in cui la tessitura vocale rimane costantemente rispettata.
Il coro,  ben preparato dal maestro Roberto Gabbiani - quando irrompe con “Va, pensiero” - trova terreno ideale: sostegno orchestrale morbido, tappeto armonico compatto e parola scolpita, così che le voci soliste possano emergere e rientrare con plasticità musicale. Tuttavia, proprio in questo celeberrimo brano si avverte una certa sobrietà di approccio: l’esecuzione rimane impeccabile e disciplinata, ma priva di quel soffio emozionale capace di trasformare il coro in un momento collettivo di sospensione lirica. Non stupisce dunque che il pubblico, pur attento e partecipe, non abbia invocato il tradizionale bis: segno che la resa, pur corretta e levigata, non ha travalicato il piano dell’esecuzione per approdare a quello dell’emozione condivisa.

Aida
Chiude questa triade verdiana Aida, riproposta nella visione di Stefano Poda, già inaugurale del 2023 (qui la recensione).
Venendo subito al cast, dopo il forfait di Anna Netrebko è Maria José Siri a interpretare Aida, imponendosi come protagonista di grande presenza scenica e solidità vocale. La sua voce, di natura lirico-spinta, si adatta con naturalezza alla scrittura verdiana: gli acuti sono sicuri e luminosi, il registro centrale ha corpo e omogeneità, mentre i pianissimi svelano un controllo raffinato che dona poesia al personaggio. In “O patria mia” emerge la parte più intima del suo canto, fatto di mezzevoci delicate e linee scolpite con cura, capaci di restituire la malinconia e la nostalgia dell’eroina etiope. La sua Aida è insieme fiera e vulnerabile, mai sopra le righe: Siri preferisce un fraseggio sobrio, senza eccessi, riuscendo così a delineare una figura credibile e complessa, divisa tra amore e destino.

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Yusif Eyvazov (Radamès) apre la serata con un “Celeste Aida” risolto con correttezza tecnica: l’attacco non concede smagliature, l’emissione è sostenuta con solidità, e la salita all’acuto, pur non smaltata nel timbro, si impone per sicurezza e proiezione. Il suo timbro, ruvido e personale, divide inevitabilmente i gusti, ma possiede una riconoscibile identità che dà colore al personaggio. Nei duetti con Aida si apprezza una linea di canto convincente, capace di flettersi alle necessità drammatiche, e la sua presenza scenica, virile e tormentata, rende credibile il dissidio del condottiero lacerato tra onore e amore.
Nel ruolo di Amonasro, Youngjun Park scolpisce un ritratto autorevole, basato su un fraseggio cesellato e su un legato di grande precisione. La sua voce baritonale, pur priva di eccessi roboanti, è sempre centrata e ben timbrata, con accenti che restituiscono la fierezza paterna senza indulgere nella declamazione sopra le righe. Nell’incontro con Aida “Rivedrai le foreste imbalsamate” emerge un equilibrio ammirevole: l’autorevolezza del padre non cancella la sfumatura affettiva, creando una tensione emotiva tanto più intensa quanto più trattenuta.
Simon Lim (Ramfis) impone la sua presenza fin dal primo ingresso: il registro grave, sonoro e ben proiettato, conferisce al gran sacerdote un’aura imponente, quasi ieratica.
A completare il cast, Riccardo Rados presta al Messaggero una vocalità chiara e ben timbrata, con dizione nitida che lo rende incisivo anche nella breve parte, mentre Francesca Maionchi, nella Sacerdotessa, illumina la scena con il suo timbro luminoso e una linea di canto pulita, capace di dare rilievo a un ruolo spesso trascurato, ma che qui acquisisce presenza e dignità scenica.
Sul podio, il maestro Daniel Oren guida l’orchestra con gesto sicuro e saldo nel solco della tradizione. Il suo approccio mira alla chiarezza e alla scorrevolezza: i grandi blocchi sonori si dispiegano senza forzature, i concertati sono bilanciati con attenzione alla parola e al respiro dei cantanti. Non ricerca effetti spettacolari o personalismi interpretativi, ma esalta la solidità del dettato verdiano, mantenendo costante equilibrio tra buca e palco. Nelle grandi pagine corali - "Gloria all’Egitto” e il finale del secondo atto - l’orchestra si apre in tutta la sua potenza, senza mai sovrastare le voci, mentre il Coro guidato da Roberto Gabbiani conferma ancora una volta compattezza, precisione e varietà di colori, trasformando i momenti corali in autentiche epifanie sonore.ù

Possiamo dunque affermare che Il Festival 2025 conferma l’Arena come luogo unico al mondo, dove la potenza della musica verdiana incontra lo spazio monumentale di un anfiteatro romano. Rigoletto rinnova la tradizione con eleganza, Nabucco stimola riflessioni sul tempo e sul potere attraverso immagini simboliche, Aida fonde intimità e grandiosità con forza visiva e musicale. Tre serate che celebrano l’opera come patrimonio culturale e identitario dell’Italia, suggellate da applausi convinti e da un pubblico che gremisce le gradinate in un rito collettivo che, dopo oltre un secolo, non smette di emozionare. Viva l’Italia, viva l’opera, viva Verdi!
(Le recensioni si riferiscono rispettivamente alle recite del 8, 9 e 10 agosto 2025)

Nella miniatura in alto: _
Sotto, in sequenza, belle immagini di Ennevi Foto sugli spettacoli qui recensiti





Pubblicato il 31 Luglio 2025
Arena Opera Festival 2025 ecco il resoconto delle attese repliche dentro l'anfiteatro veronese
Nabucco Carmen La traviata servizio di Angela Bosetto

20250731_Vr_00_Nabucco_StefanoPodaVERONA – Anna Netrebko, Anita Rachvelishvili e Rosa Feola, ovvero Abigaille, Carmen e Violetta Valéry. Sono loro le tre grazie musicali che, dal 17 al 19 luglio 2025, hanno acceso l’Arena, rendendo ciascuna rappresentazione meritevole di grande interesse in virtù della propria peculiarità. Per il soprano russo si trattava del debutto italiano come figlia adottiva di Nabucco (ruolo affrontato in forma di concerto al Festival Internazionale di Maggio di Wiesbaden nel 2023 e in versione scenica alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino nel 2024); per il mezzosoprano georgiano dell’unica recita stagionale nei panni della celebre sigaraia (che l’ha lanciata in tutto il mondo sin dall’esordio scaligero, datato 2009); e per il soprano casertano della prima Traviata areniana, a sessant’anni esatti dalla prima Violetta veronese di Renata Scotto, che di Rosa Feola è stata maestra e mentore.

20250731_Vr_01_Nabucco_AmartuvshinEnkhbat_phEnneviFotoNABUCCO – 17 luglio
In omaggio alla venuta della Diva, l’unica differenza che l’allestimento di Stefano Poda presenta rispetto all’inaugurazione (qui la recensione) è il costume di Abigaille. “L’umil schiava” (che diventerà, seppur per poco, regina) sfoggia dunque la stessa mise delle amazzoni (un po’ ancelle, un po’ guardie, un po’ proiezioni del personaggio stesso) che la accompagnano, completa di frusta, tacchi vertiginosi, cappuccio (adorno prima di cotta di maglia e poi di un’aureola in stile Tron), lunghi guanti e corsetto a metà fra il sadomaso e il fantascientifico. Per quanto l’effetto Mortal Kombat sia dietro l’angolo, Anna Netrebko è Anna Netrebko e – al momento – non c’è mise che possa metterla in difficoltà. Entra in scena come una leonessa (“Prode guerrier!”), domina il terzetto (“Io t’amava”), svetta con ferocia nel concertato che chiude la prima parte (“Questo popol maledetto”), dipana un filo rosso fra Abigaille e Lady Macbeth (“Salgo già del trono aurato”) e ribatte colpo su colpo nel duetto con il padre (dove, per capire la caratura artistica del soprano, basterebbe soffermarsi sul disprezzo distillato nella frase “Perfida! Si diede al falso Dio!”).

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Tuttavia, i momenti in cui la sua Abigaille tocca davvero il cuore sono quelli più commoventi, dal languore di “Anch’io dischiuso un giorno” (sul passaggio “Chi del perduto incanto/Mi torna un giorno sol?” la sua voce è galleggiata sopra l’Arena come una piuma) alla supplica “Su me morente, esanime”, intonata indossando la stessa candida veste che (accordandosi a quella delle bimbe legate ai ricordi passati) ne sancisce il ritorno a una sorta di infantile innocenza.
Su Amartuvshin Enkhbat (Nabucco) si rischia di diventare ripetitivi perché pare che, baritonalmente parlando, non abbia limite. Se la regia gli fa salire e ridiscendere l’intera parete dell’anfiteatro prima ancora di iniziare a cantare, lui lo fa e, appena arrivato sul palco, attacca “Di Dio che parli?” come se fosse appena uscito dal camerino. Macina recite su recite, eppure la bellezza del colore, la nobiltà del timbro e la cura del fraseggio non ne risentono. Non si capisce come faccia o che patto soprannaturale abbia firmato, ma, qualunque divinità sia coinvolta, che ce lo conservi.
Se con Abigaille/Netrebko il palleggio è alla pari e la coppia innamorata (Galeano Salas/Ismaele e Francesca Di Sauro/Fenena) si difende onorevolmente in virtù di due voci fresche ed eleganti, a uscire malconcio dal confronto con il re babilonese è lo Zaccaria di Christian Van Horn, avaro di sfumature e carente nella zona grave.

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Puntuali gli interventi di Gabriele Sagona (Gran Sacerdote di Belo), Carlo Bosi (Abdallo) e Daniela Cappiello (Anna).
Fin troppo misurata la direzione di Pinchas Steinberg: sostanzialmente corretta e votata alla dimensione cantabile, ma priva di picchi emotivi e autentici palpiti. Palpiti che, invece, non mancano certo al Coro, preparato da Roberto Gabbiani.
Applausi per tutti e prevedibile ovazione per Anna Netrebko, l’ultima vera diva del melodramma.

20250731_Vr_07_Carmen_AnitaRachvelishvili_phEnneviFotoCARMEN  – 18 luglio
Orgogliosamente in scena da trent’anni, l’allestimento di Franco Zeffirelli (sapientemente vestito dalla fedele Anna Anni) è divenuto sinonimo areniano dell’opera di Georges Bizet. Quest’estate, inoltre, al “compleanno” dello spettacolo (che, nel luglio 1995, segnò il debutto nell’anfiteatro veronese del regista e scenografo fiorentino) si unisce il centocinquantesimo anniversario di Carmen, rappresentata per la prima volta all’Opéra-Comique di Parigi il 3 marzo 1875. Per quanto, a ogni edizione del festival lirico estivo, si versino fiumi d’inchiostro (anche se ora forse sarebbe più corretto dire “si producano giga di materiale”) per sottolineare quanto questo allestimento sia “vetusto, polveroso, superato, ecc”, la Carmen zeffirelliana (irrobustita dalla presenza della Compañía Antonio Gades) resta una di quelle proposte in grado di riempire ed entusiasmare sempre l’anfiteatro.
Sul podio, Francesco Ivan Ciampa garantisce la giusta combinazione di energia, lirismo e raffinatezza, al pari del Coro, diretto da Roberto Gabbiani. Menzione doverosa anche alle Voci Bianche A.Li.Ve., istruite da Paolo Facincani, che (a meno di non essere Erode) è difficile non trovare adorabili.

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Il comprimariato areniano continua a mantenersi su alti livelli, a partire dall’eccellente Moralès di Giulio Mastrototaro, che si fa ricordare a dispetto del poco tempo concessogli dalla partitura dell'opera.
Solido e affidabile lo Zuniga di Gabriele Sagona, ben affiatato e musicalmente adeguato il quartetto fuorilegge, composto da Daniela Cappiello (Frasquita), Sofia Koberidze (Mercédès), Carlo Bosi (Remendado) e Jan Anten (Dancairo).
Alexander Vinogradov è un Escamillo stentoreo e sicuro di sé, forse poco guascone ma comunque autorevole. Diciamo più un capitano del popolo che uno sfrontato idolo delle folle.
Per lucentezza timbrica, accorato lirismo e sensibilità interpretativa, Mariangela Sicilia può iscriversi senza dubbio fra le interpreti ideali di Micaela, ruolo che la accompagna con meritato successo da anni.
Convocato per una sostituzione last minute, Freddie De Tommaso delinea un Don José d’altri tempi, confermando la grande bellezza del proprio strumento e la propensione per una resa interpretativa “all’antica”, molto apprezzata in una culla di tradizione come l’Arena.
Arrivati a Carmen, tagliamo la testa al toro (giusto per restare in tema corride): Anita Rachvelishvili è una grande artista e l’anfiteatro la festeggia giustamente come tale. Se da un lato non si può obiettare sul fatto che sappia tratteggiare sempre la gitana in modo ammirevole, dall’altro bisogna anche riconoscere che la sua attuale vocalità la sta portando verso una direzione più drammatica.
Pubblico entusiasta e particolarmente generoso nel dispensare applausi ai vari interpreti.

20250731_Vr_13_LaTraviata_SperanzaScappucci_phEnneviFotoLA TRAVIATA  – 19 luglio
Salvo una piccola pausa per alcune gocce di pioggia, La traviata secondo Hugo De Ana, ancora una volta, fila spedita verso il suo tragico finale, rapendo il pubblico areniano e spingendo altre generazioni di spettatori a esclamare “Mi si sono aggrovigliate le budella” (il film Pretty Woman docet).
L’ultima recita diretta da Speranza Scappucci (che regala al pubblico una concertazione ancora più morbida, delicata e intima) schiera un cast di comprimari quasi invariato rispetto alla prima del  27 giugno scorso (qui la recensione) e quindi implica una ripetizione di giudizio. L’unico cambiamento “di spalla” è l’arrivo di Nicolò Ceriani (veterano Barone Douphol) e il passaggio di Gabriele Sagona a Dottor Grenvil.
A sorpresa, torna, nel ruolo di Alfredo Germont, il tenore Galeano Salas, il quale sostituisce all’ultimo momento l’annunciato (e indisposto) Dmitry Korchak e porta a casa la recita con apprezzabile professionalità, al netto di una comprensibile stanchezza, che lo rende meno estroverso e gli fa pasticciare l’inizio di “Parigi, o cara”.

20250731_Vr_15_LaTraviata_LucaSalsiRosaFeola_phEnneviFoto20250731_Vr_16_LaTraviata_GaleanoSalasRosaFeola_phEnneviFoto20250731_Vr_17_LaTraviata_RosaFeola_phEnneviFoto

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Nei panni di Giorgio Germont, il baritono Luca Salsi sa come offrire un’autentica lezione di canto sulla parola, modellando accenti e intenzioni con tutta l’esperienza da verdiano di razza.
Ma la regina della serata (e potrebbe essere altrimenti?) è la fulgida e applauditissima Violetta Valéry di Rosa Feola. Filati e colorature impeccabili, espressività emozionante, intelligenza recitativa e scavo psicologico del personaggio da manuale: da qualche parte, Renata Scotto sta sorridendo.

Crediti fotografici: Ennevi Foto per la Fondazione Arena di Verona
Nella miniatura in alto: il regista Stefano Poda
Nella miniatura per Nabucco: Amartuvshin Enkhbat
Sotto, in sequenza: Anna Netrebko (Abigaille) tre pose, tre costumi, tre situazioni; Christian van Horn (Zaccaria) Anna Netrebko e Francesca Di Sauro (Fenena); Anna Netrebko e il Coro di Voci bianche
Nella miniatura per Carmen: Anita Rachvelishvili
Sotto, in sequenza: Freddie De Tommaso (
Don José
); Mariangela Sicilia (Micaela); Anita Rachvelishvili (Carmen): Daniela Cappiello (Frasquita), Alexander Vinogradov (Escamillo), Sofia Koberidze (Mercédès); saluti finali del cast di Carmen
Nella miniatura per La traviata: la direttrice d'orchestra Speranza Scappucci
Sotto, in sequenza; Galeano Salas (Alfredo Germont), Rosa Feola (Violetta Valéry), Luca Salsi (Giorgio Germont); Luca Salsi e Rosa Feola; Galeano Salas e Rosa Feola; Rosa Feola durante il "Brindisi"





Pubblicato il 01 Luglio 2025
In Arena allestimento e drammaturgia sono in contrasto a dispetto proprio di Verdi e Ghislanzoni
L'Aida di cristallo č tornata servizio di Simone Tomei

20250701_Vr_00_Aida_DanielOren_phEnneviFotoVERONA - Quando l’Aida di Giuseppe Verdi risuona all’Arena di Verona non si tratta di una semplice replica, è un rito collettivo, un appuntamento simbolico che scandisce il calendario della lirica estiva. Questa nuova ripresa dell’allestimento firmato da Stefano Poda, definito “di cristallo” per le sue trasparenze e gli inediti giochi di luce, ha riaperto il sipario per una visione che, a distanza di due anni dalla sua prima comparsa, non solo conferma le mie impressioni passate ma le amplifica. Non tanto per l’impatto visivo – che resta imponente – quanto per una riflessione più profonda: quella sulla reale funzionalità di questa messinscena rispetto al cuore pulsante dell’opera verdiana.
Verdi concepì Aida non solo come spettacolo monumentale, ma come un dramma umano universale. Composta per l'inaugurazione del Canale di Suez, su libretto di Antonio Ghislanzoni, l'opera è un magnifico affresco storico-leggendario, ma è soprattutto un dramma di passioni universali – amore, gelosia, dovere e tradimento – intessuto in una partitura di straordinaria ricchezza armonica e melodica. La sua musica, vera forza motrice della narrazione, alterna la grandiosità dei cori e delle scene trionfali alla delicatezza delle arie più intime, bilanciando costantemente la magnificenza esteriore con l'introspezione psicologica dei personaggi.
La musica non accompagna il testo, lo scolpisce: ne è struttura, ossatura, sangue.
Ed proprio qui, nel delicatissimo equilibrio tra forma e sostanza, il progetto scenico di Poda si rivela affascinante ma problematico. Siamo di fronte a un’esperienza visiva stupefacente: luci taglienti che scolpiscono lo spazio, costumi che richiamano l’haute couture, masse sceniche imponenti e una simbologia esoterica che domina ogni quadro. Tutto è portato all’estremo, pensato per abbagliare, per “stordire” l’occhio dello spettatore. Poda costruisce una sorta di “parafilm lirico”, visivamente magnetico, ma spesso drammaturgicamente astratto, con quelle "interazioni misteriose" tra i personaggi e il "viaggio dantesco" dei quattrocento artisti in scena che, pur ammaliando, si discostano dalla chiara linea drammaturgica verdiana. La drammaturgia, nel senso più profondo, sembra quasi inesistente in questa concezione, vivendo esclusivamente nella mente del suo creatore.
Ed è qui che sorge l’interrogativo: questa estetica abbagliante, pur nella sua genialità, serve davvero la musica di Verdi o finisce per metterla in secondo piano?
Perché Aida, più di tante altre opere, vive di profondità psicologica, di chiaroscuri interiori, di tensioni drammatiche che devono trovare nella scena un riflesso coerente. Quando la regia diventa autoreferenziale e preponderante nella sua simbologia astratta, la musica rischia di diventare mero commento sonoro – e quella di Verdi non è musica di sfondo: è protagonista. L'allestimento, pur riempiendo l'Arena e collezionando record, a mio avviso, non riesce a restituire la profondità e la forza espressiva della partitura verdiana.
Fortunatamente il fronte musicale ha retto con soddisfacente solidità. Va sottolineato che la serata è stata una delle più calde e afose mai registrate a Verona, rendendo la performance di artisti e addetti ai lavori ancora più encomiabile.

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Maria José Siri, nel ruolo del titolo, si conferma interprete di spessore. La sua vocalità, intrinsecamente adatta all'ampiezza dell'emiciclo areniano, attraversa la complessa partitura con precisione e un'uniformità timbrica ammirevole. I gravi sono scolpiti ma naturali, gli acuti potenti ma mai forzati, e i momenti più lirici sono resi con un canto smorzato, quasi filato, restituendo con intensità le intime emozioni della giovane schiava. Siri sa "stare in scena" ma il suo personaggio sembra talvolta imprigionato nella griglia visiva imposta dalla regia.
Luciano Ganci, nei panni di Radamès, ha offerto una prova di grande sensibilità interpretativa. Il tenore ha privilegiato un approccio che esalta l'aspetto più sentimentale del personaggio rispetto a quello eroico, conferendogli una dimensione umana e toccante. La sua voce, dal timbro oggettivamente bello e caldo, ha dominato la partitura con un fraseggio elegante e una linea di canto fluida, dimostrando una notevole capacità di esprimere le sfumature emotive richieste dal ruolo.
Eccellente l’Amneris di Anna Maria Chiuri che ha dipinto il personaggio con una tavolozza psicologica e vocale ricchissima: dalla dolcezza amara del secondo atto alla furia disperata dell’ultimo, ha dominato la scena con carisma e autorevolezza, fino a farmi pensare – con un sorriso – che l’opera si sarebbe potuta intitolare proprio “Amneris”. Il suo personaggio trova tutte le sfumature psicologiche e vocali necessarie, partendo con accenti morbidi e ben calibrati per poi spingere l'acceleratore già nel secondo atto e concludere da grande leonessa nella scena finale del quarto atto, dove si erge a protagonista assoluta con padronanza scenica e vocale.

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Solida anche la prova di Youngjun Park nei panni di Amonasro, un artista capace di cogliere il segno del personaggio con una voce imponente, sicura e ben piazzata, gestita con accenti sempre calibrati e pertinenti.
Tra i bassi, Simon Lim (il Re) ha cantato con precisione e accuratezza, mentre Alexander Vinogradov (Ramfis) ha mostrato qualche incertezza nell’intonazione, in particolare nella grande scena del giudizio.
Hanno completato il cast con professionalità Carlo Bosi (Un messaggero) e Francesca Maionchi (Gran Sacerdotessa).
Alla guida dell’orchestra, il M° Daniel Oren ha offerto una lettura energica e controllata. Sulle note del breve preludio, denso di pathos, la sua mano sicura e decisa ha immediatamente impresso il sigillo sulla partitura di Verdi, cogliendo con acume le intenzioni e le molteplici sfumature del compositore.
Oren cesella la partitura con attenzione estrema: ogni intervento orchestrale è pensato per sostenere e amplificare il canto, mai per soverchiarlo. L'introduzione dell'aria del soprano nel terzo atto si è fusa perfettamente con la voce dell'interprete, mentre l'accompagnamento dei violini nel duetto finale ha creato quel delicato e struggente letto di morte su cui si sono adagiati i due amanti. Il Trionfo, momento topico dell’opera, è divenuto una grande espressione corale, dove ogni elemento ha partecipato con spirito combattivo, esaltando ogni armonia infusa in questo momento di massima magnificenza. Va però sottolineato che la stessa struttura dell'allestimento, con le sue distanze e l'affastellamento scenico, ha talvolta reso arduo il dialogo tra buca e palco, generando qualche inevitabile scollatura che ha messo a dura prova la fluidità dell'esecuzione d'insieme.
Il Coro, preparato dal M° Roberto Gabbiani, ha brillato per compattezza e coerenza stilistica dimostrandosi all'altezza delle più grandi rappresentazioni, esibendo una compattezza musicale invidiabile e conferendo ad ogni pagina uno stile inconfondibile, che solo la cornice areniana riesce a rendere unico.
In sintesi, questa Aida "di cristallo" si conferma uno spettacolo di indubbio impatto visivo, capace di ammaliare il pubblico con la sua estetica avveniristica e la sua grandiosità scenica.
La direzione musicale ha saputo restituire la magnificenza della partitura verdiana, supportata da un Coro di eccellente livello e da un cast vocale che, pur con qualche disomogeneità, ha offerto prove di notevole spessore.
Tuttavia, la marcata simbologia e l'autoreferenzialità della regia di Stefano Poda sollevano un interrogativo fondamentale sulla sua funzionalità rispetto all'essenza drammatico-musicale dell'opera.
Se da un lato l'Arena si riempie e i record si susseguono, dall'altro resta da chiedersi: in un'epoca in cui la ricerca di nuove letture registiche è costante, fino a che punto lo splendore visivo può e deve prevalere sulla coerenza drammaturgica e sulla primazia della musica, senza snaturare l'anima profonda del capolavoro verdiano?
(La recensione si riferisce alla recita del 29 giugno 2025)

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Crediti fotografici Ennevi Foto per la Fondazione Arena di Verona
Nella miniatura in alto: il direttore Daniel Oren
Sotto, in sequenza: istantanee di Ennevi Foto sulla "Aida di cristallo"
Al centro, in sequenza: Anna Maria Chiuri nel ruolo di Amneris; Maria José Siri (Aida) e Luciano Ganci (Radamès)
Sotto, in sequenza: panoramiche su scene e costumi
In fondo: il saluto del Coro diretto da Roberto Gabbiani al termine della recita






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Dal Nord-Ovest Dal Nord-Est Dal Centro-Nord Dal Centro e Sud Dalle Isole Dall' Estero


Parliamone
Otello l'incoerenza č di scena
intervento di Simone Tomei FREE

20251007_Pr_00_Otello_Parliamone_YusifEyvazov_phRobertoRicciPARMA - Esiste un patto segreto, antico e nobilissimo, tra il palcoscenico e la platea. È un atto di fede: lo spettatore si affida alla visione degli artisti, promettendo in cambio sospensione dell'incredulità e apertura del cuore. Aprire il sipario sull' Otello al Teatro Regio di Parma, nel cuore del Festival Verdi 2025, avrebbe dovuto significare rinnovare questo patto, immergendosi nel gorgo della più compiuta tragedia shakespeariana in musica. E, in effetti, la partitura di Verdi ha mantenuto fede al suo compito: un fiume in piena, potente e inesorabile, che dal golfo mistico ha continuato a scorrere, travolgente e commovente. Il problema, ahimè, è sorto quando ho alzato gli occhi perché ciò che si vedeva apparteneva a un altro pianeta drammaturgico, a un universo visivo che con il fiume verdiano dialogava poco o punto.
Le note di regia di Federico Tiezzi, un denso manifesto intriso di Freud, Welles, Dostoevskij e Pasolini, promettevano una discesa negli inferi della psiche.
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VideoCopertina
La Euyo prende residenza a Ferrara e Roma

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Opera dal Nord-Ovest
Don Giovanni claustrofobico
servizio di Simone Tomei FREE

20251014_Ge_00_DonGiovanni_ConstantinTrinksGENOVA - C’è qualcosa di emblematico nel vedere il Don Giovanni di W.A. Mozart intrappolato in un labirinto di pareti rotanti; forse è il destino stesso di certe regie nate come provocazione e finite per diventare autocitazione. Al Teatro Carlo Felice di Genova, l’allestimento firmato da Damiano Michieletto (produzione della Fenice di Venezia datata
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Classica
Gibboni e Mariotti bella accoppiata
servizio di Athos Tromboni FREE

20251008_00_Fe_Concerto_GiuseppeGibboniMicheleMariotti_Gibboni_phMarcoCaselliNirmalFERRARA - Brahms presentato (le sue Sinfonie), Brahms eseguito (la Sinfonia n.4): così si è aperta lunedì 6 ottobre la stagione 2025/2026 di Ferrara Musica nel Teatro Comunale "Claudio Abbado", dopo l'anteprima del 14 settembre scorso dell'Ensemble Nova Ars Cantandi presso la Pinacoteca Nazionale di Palazzo Diamanti. Per approfondire la
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Jazz Pop Rock Etno
Ferrara in Jazz primo week-end
servizio di Athos Tromboni FREE

20251006_Fe_00_FerraraInJazz_PietroBittoloBonFERRARA - Il 3 ottobre scorso il Jazz Club Ferrara ha dato avvio alla prima parte dei concerti della nuova stagione "Ferrara in Jazz" che si svolgerà ogni fine settimana (il venerdì, il sabato e la domenica) fino al 21 dicembre 2025. L'appuntamento d'apertura, nel Torrione San Giovanni, ha visto in pedana il sassofonista Piero Bittolo Bon con Alessandro
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Eventi
Partenza con le canzoni di Guccini
servizio di Francesco Franchella FREE

20251004_Fe_00_GruppoDei10_FrancescoGucciniFERRARA - Alla volta dei primi freddi (o freschi) settembrini, il mondo si divide: chi si dà già ai pranzi autunnali vestendosi come se fosse il 1° di gennaio; chi ogni weekend, nostalgico del caldo, chiede al coniuge di fare “l’ultima” gita al mare; chi guarda in continuazione le mail, per sapere quando inizieranno le prime serate della stagione
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Personaggi
Porto in scena le parole che non scrisse
servizio di Ludovica Zambelli FREE

20250927_Fe_00_IntervistaAlessioBoni_OmaggioAPucciniDiEliosLippiFERRARA - Al Teatro Abbado andrà in scena lo spettacolo Concerto a due per Puccini, con Alessio Boni e Alessandro Quarta, regia di Boni stesso e Francesco Niccolini ("prima" lunedì 29 settembre, replica sabato 30 settembre 2025 ore 20,30); è uno spettacolo con  parole e musica, che si incontrano per restituire la complessità di un compositore che
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Echi dal Territorio
Ferrara in Jazz si parte!
redatto da Athos Tromboni FREE

20250926_Fe_00_FerraraInJazz2025-2026_FedericoDAnneoFERRARA - È giunta alla 27.esima edizione la stagione del Jazz Club Ferrara, presso il Torrione San Giovanni di via Rampari di Belfiore incrocio di via Porta Mare: a partire da venerdì 3 ottobre 2025, proprio il Torrione riapre le porte di Ferrara in Jazz con il programma della prima parte di stagione (ottobre-dicembre 2025), dove sono in calendario
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Classica
Saccon-Genot e fanno tre
servizio di Athos Tromboni FREE

20250925_Fe_00_ConcertoSacconGenotPerLuigiCostatoFERRARA - Il Comitato per i Grandi Maestri fondato e presieduto da Gianluca La Villa ha organizzato un concerto cameristico a Palazzo Roverella, sede del Circolo Negozianti di Ferrara, in memoria del prof. Luigi Costato: protagonisti del concerto sono stati due musicisti già noti e molto apprezzati nella città estense, il violinista Christian Joseph
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Ballo and Bello
Ecco le Stanze della Danza
FREE

20250924_Ro_00_LeStanzeDellaDanza_ClaudioRondaROVIGO - Per due giorni, sabato 27 e domenica 28 settembre 2025, Rovigo diventa una finestra sul panorama della danza contemporanea. È stato presentato il 19 settembre scorso allo spazio Fs del Censer, in conferenza stampa, la prima edizione del festival Le stanze della Danza, un itinerario di performance che si inaugurerà alle ore 17,00 di
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Opera dal Centro-Nord
Una perla i Pescatori di perle
servizio di Simone Tomei FREE

20250923_Fi_00_IPescatoriDiPerle_JavierCamarena_phMicheleMonastaFIRENZE - La perfezione, si sa, non è di questo mondo. Eppure l’arte, nei suoi momenti più ispirati, ci consente di sfiorarne il mistero, in quella rara alchimia che fa dialogare la forza arcana della musica, la purezza del canto e la poesia della scena. È questa, precisamente, la sensazione che ho provato uscendo dal Teatro del Maggio Musicale
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Pagina Aperta
Un luogo dove il cuore rimane giovane
redatto da Athos Tromboni FREE

20250920_Ro_00_Stagione2025-2026_ValeriaCittadinROVIGO - La platea del Teatro Sociale per la prima volta si è trasferita in piazza Giuseppe Garibaldi: l’evento dal titolo Sotto il cielo di Rovigo – Cult dove il cuore rimane giovane, a cura della regista Anna Cuocolo, ha voluto essere un incontro speciale della autorità locali e del management del teatro con il pubblico, per celebrare insieme a tutta la città,
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Echi dal Territorio
Lucca nuova stagione d'Opera
redatto da Simone Tomei FREE

20250918_Lu_00_StagioneOpera2025-2026_AngelaMiaPisanoLUCCA - È stata presentata il 17 settembre 2025, nel Ridotto del Teatro del Giglio "Giacomo Puccini", la Stagione lirica 2025-2026 della quale vi portiamo a conoscenza attraverso il comunicato stampa dell’ente lucchese. La Stagione Lirica del Teatro del Giglio "Giacomo Puccini" si presenta, per il 2025-2026, come un’autentica celebrazione del
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Vocale
Concerto degli allievi di Magiera
FREE

20250917_Fe_00_ConcertoStagioneLiricaEDanza2025-2026_LeoneMagieraFERRARA - La presentazione della Stagione di Opera & Danza 2025/2026 del Teatro Comunale "Claudio Abbado" - avvenuta nella mattinata di martedì 16 settembre - ha avuto il suo epilogo alle ore 20,00 con un concerto lirico nel Ridotto del teatro, dove si sono esibiti i giovani allievi del corso di perfezionamento tenuto dal maestro Leone Magiera
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Eventi
Ferrara nuova stagione d'Opera e Danza
redatto da Athos Tromboni FREE

20250916_Fe_00_StagioneLiricaEDanza2025-2026_StefanoRanzani_phAlfredoTabocchiniFERRARA - Un "Concerto a due per Puccini" e dodici spettacoli di opera, danza, musical, sono la dote della Stagione d'Opera & Danza 2025/2026 del Teatro Comunale "Claudio Abbado" che si aprirà il prossimo 29 settembre per concludersi il 24 maggio del prossimo anno.

La conferenza-stampa
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Opera dal Centro-Nord
L'amico Fritz fra sostenitori e detrattori
servizio di Simone Tomei FREE

20250915_Li_00_LAmicoFritz_BengisuYamanKoyuncuLIVORNO - Dopo l’esplosione dirompente del successo di Cavalleria rusticana (1890), Pietro Mascagni si trovò davanti a una sfida tutt’altro che semplice: dimostrare di non essere l’autore “di un’opera sola”, consacrato dalla fortuna di un libretto tratto da Verga. Ed è in questo clima che nacque L’amico Fritz, andato in scena per la prima volta al
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Personaggi
Cantami o Diva gli intrighi...
intervista a cura di Athos Tromboni FREE

20250915_Personaggi_00_MassimoCrispi_CantamiODivaMassimo Crispi è un tenore particolare, ribelle per molte cose e dal repertorio quanto mai vario. Vive una parte dell'anno a Palermo e l'altra parte dell'anno a Firenze. Vario - si diceva - il suo repertorio, ma varia è anche la sua maniera di essere artista. Da sempre ha infatti coltivato la scrittura, in ogni campo, e, oggi, non frequentando più
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Echi dal Territorio
Frescobaldi Day a Palazzo Schifanoia
FREE

20250914_Fe_00_FrescobaldiDay_MarinaDeLisoFERRARA - Marina De Liso, mezzosoprano e docente di musica antica nel Conservatorio "Girolamo Frescobaldi" nonché coordinatrice del "Concentus Musicus Fe' Antica"  ha presentato ieri nella bella e confortevole sala pubblica di Palazzo Schifanoia il primo concerto della stagione 2025/26 di Ferrara Musica: quest'anno l'associazione concertistica
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Vocale
Dalla romanza alla canzone napoletana
servizio di Simone Tomei FREE

20250913_00_PonteAMoriano_Concerto_AntonioCiprianiPONTE A MORIANO (LU) - La serata del 12 settembre 2025 al Teatro Idelfonso Nieri di Ponte a Moriano si è chiusa l’edizione di "Un Teatro Sempre Aperto", confermando ancora una volta la qualità e la coerenza di una rassegna che, pur in assenza della storica sala cittadina del Teatro del Giglio, ha saputo mantenere viva la propria presenza sul
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Opera dall Estero
Una Traviata trasposta nel Novecento
servizio di Ramón Jacques FREE

20250910_00_Bogota_LaTraviata_JuliaMuzychenko_phJuanDiegoCastilloBOGOTÀ (Colombia) - 24 agosto 2025, Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo.
In occasione della quindicesima stagione del Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo, attualmente il palcoscenico più importante della Colombia, si è tenuta una nuova rappresentazione di La traviata. L’opera,
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Opera dal Centro-Nord
Ode a Leopardi e Medium prova generale
servizio di Simone Tomei FREE

20250901_Li_00_OdeALeopardi_Mascagni Festival2025LIVORNO – In un Mascagni Festival sempre più attento al dialogo fra memoria storica e ricerca espressiva, la serata del dittico Ode a Leopardi di Pietro Mascagni e The Medium di Gian Carlo Menotti, presentata agli Hangar Creativi, ha offerto un accostamento insolito ma fecondo tra due poetiche distanti eppure unite dalla tensione verso il mistero
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Eventi
ROF bilancio 2025 e programma 2026
redatto da Athos Tromboni FREE

20250901_Ps_00_ROF-Bilancio2025Programma2026PESARO - A Pesaro si dichiarano soddisfatti per i risultati non solo artistici del Rossini Opera Festival 2025. Ecco qui sotto, in sintesi, la valutazioni che illustrano sommariamente gli obiettivi raggiunti e anche le anticipazioni per l'edizione 2026.

I numeri che contano
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Opera dal Centro-Nord
Manon Lescaut fra le sculture blu
servizio di Simone Tomei FREE

20250831_TorreDelLago_00_ManonLescaut_MariaJoseSiri_phGiorgioAndreuccettiTORRE DEL LAGO (LU) - Il 71° Festival Puccini si avvia alla conclusione con l’ultimo debutto operistico della stagione in una serata di fine agosto molto suggestiva: Manon Lescaut è tornata al Gran Teatro sulle sponde del Massaciuccoli nella produzione di Igor Mitoraj del 2003, ripresa con cura nella regia di Daniele De Plano, scene di Luca Pizzi
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Classica
SummerFest grande musica da camera
servizio di Ramón Jacques FREE

20250831_00_SanDiego_SummerFest2025_ReneFleming_phKenJacquesSAN DIEGO (USA) - SummerFest 2025, The Baker-Baum Concert Hall. Il festival di musica da camera SummerFest, che si tiene ogni estate a San Diego, California dal 1986 ed è organizzato dall'associazione musicale locale La Jolla Musical Society (LJMS), è diventato un appuntamento imperdibile per gli amanti della musica cameristica (nel sud
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Vocale
Giovane Scuola al Mascagni Festival
servizio di Simone Tomei FREE

20250929_Li_00_ GalaVerismo_FestivalMascagni_PietroMascagniLIVORNO - Il Mascagni Festival 2025, nell’anno dell’ottantesimo della scomparsa del compositore, si conferma laboratorio vivo di idee più che semplice contenitore di eventi: una geografia del suono disseminata tra Livorno, la provincia e luoghi simbolici d’Italia e del mondo, capace di intrecciare concerti, opere, letture sceniche e creazioni originali
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Opera dal Centro-Nord
Sepe una delicata Butterfly
servizio di Nicola Barsanti FREE

20250825_00_TorreDelLago_MadamaButterfly_AntoninoFogliani_phGiorgioAndreuccettiTORRE DEL LAGO (LU) – Diamo conto ai nostri lettori della replica del quarto titolo in cartellone nell’ambito del 71° Festival Puccini: Madama Butterfly. Per regia, scene e costumi rimandiamo alla recensione della prima rappresentazione che potete consultare qui .
La principale differenza rispetto al debutto riguarda il ruolo
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Eventi
Turandot e le altre
redatto da Athos Tromboni FREE

20250824_TorreDelLago_00_FestivalPuccini2026_TurandotiELeAltre_DisegnoDiEliosLippiTORRE DEL LAGO (LU) -  Questa volta si parte in largo anticipo: è ormai definitivo - infatti - il programma della 72.esima edizione del Festival Puccini di Torre del Lago (Viareggio) che si svolgerà nel Gran Teatro all’aperto sul Lago di Massaciuccoli nell’estate 2026 e che era stato anticipato nella conferenza stampa dello scorso maggio dal presidente
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Opera dal Centro-Nord
Alina Tkachuk la rivelazione
servizio di Nicola Barsanti FREE

202516_TorreDelLago_00_Turandot_AlinTkachukTORRE DEL LAGO (LU) - La rappresentazione di Turandot al Gran Teatro Giacomo Puccini, nell’ambito del 71° Festival Puccini, propone una lettura scenica affidata alla regia di Alfonso Signorini, la cui impronta visiva rimanda all’articolo della prima rappresentazione che potete trovare qui. L’allestimento conferma la forza visiva e simbolica dell’opera, ma
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Opera dal Nord-Est
Rigoletto, Nabucco e Aida
servizio di Nicola Barsanti FREE

20250814_Vr_00_Rigoletto_phEnneviFotoVERONA - L’anfiteatro Arena, con i suoi duemila anni di storia e le gradinate che custodiscono memoria e suggestione, si conferma il più imponente palcoscenico a cielo aperto dedicato all’opera lirica. Ogni estate l’antico anfiteatro romano si trasforma in una cassa armonica naturale, dove le note dei grandi compositori si fondono con l’energia collettiva
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Opera dal Centro-Nord
Butterfly e la simbologia degli alberi
servizio di Simone Tomei FREE

20250809_TorreDelLago_00_MadamaButterfly_MariaAgresta_phGiorgioAndreuccettiTORRE DEL LAGO (LU) - Madama Butterfly di Giacomo Puccini è il quarto titolo a susseguirsi sul palcoscenico del Festival Puccini di quest’anno. Per la sua 71ª edizione, la rassegna ha affidato la regia a Manu Lalli, che propone una lettura capace di andare oltre la mera rappresentazione scenica, trasformando il linguaggio visivo e simbolico in un elemento
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Opera dal Centro-Nord
La bohčme disegnata da Scola
servizio di Simone Tomei FREE

20250808_TorreDelLago_00_LaBoheme_CarloRaffaelli_phGiorgioAndreuccetti.JPGTORRE DEL LAGO (LU) - Tra i capolavori pucciniani La Bohème occupa un posto di privilegio per la sua capacità di fondere realismo e poesia, leggerezza giovanile e dramma struggente. Dal debutto del 1º febbraio 1896 al Teatro Regio di Torino, sotto la bacchetta di un giovane Arturo Toscanini, questo dramma lirico in quattro quadri - tratto dalle
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Jazz Pop Rock Etno
Ferrara Film Orchestra e la bacchetta di Ambra
servizio di Athos Tromboni FREE

20250803_00_GiardinoPerTutti_FerraraFilmOrchestra_CristinaColettiFERRARA - La prima serata della rassegna Giardino per tutti organizzata ai piedi del grattacielo dal Comune di Ferrara con la collaborazione del Teatro Comunale "Claudio Abbado", dentro il Parco Coletta, ha fatto l'en-plein. Era in pedana la Ferrara Film Orchestra capitanata dalla bacchetta di Ambra Bianchi
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Opera dal Centro-Nord
Buratto bel debutto in Tosca
servizio di Simone Tomei FREE

20250802_TorreDelLago_00_Tosca_EleonoraBuratto_phGiorgioAndreuccettiTORRE DEL LAGO PUCCINI (LU) - Nel terzo fine settimana del 71° Festival Puccini di Torre del Lago, la seconda recita di Tosca ha riproposto uno degli allestimenti più attesi di questa edizione. La produzione, firmata da Alfonso Signorini in veste di regista e costumista, si è presentata con una veste visiva marcatamente simbolica, ricca di richiami
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Opera dal Nord-Est
Nabucco Carmen La traviata
servizio di Angela Bosetto FREE

20250731_Vr_00_Nabucco_StefanoPodaVERONA – Anna Netrebko, Anita Rachvelishvili e Rosa Feola, ovvero Abigaille, Carmen e Violetta Valéry. Sono loro le tre grazie musicali che, dal 17 al 19 luglio 2025, hanno acceso l’Arena, rendendo ciascuna rappresentazione meritevole di grande interesse in virtù della propria peculiarità. Per il soprano russo si trattava del debutto italiano come figlia
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Jazz Pop Rock Etno
Verdi e il jazz un dialogo
servizio di Simone Tomei FREE

20250727_Fabbiano_00_ValtidoneFestival_AlessandroBertozziFABBIANO, Borgonovo Val Tidone (PC) - Nella serata di sabato 26 luglio 2025, un angolo a me ancora misconosciuto della Val Tidone, la suggestiva piazzetta di Fabbiano, frazione di Borgonovo Val Tidone, si è trasformato in un crocevia di sublime audacia musicale. Il Valtidone Festival, giunto alla sua 27ª edizione e promosso dalla
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Opera dal Centro-Nord
Ecco la Bohčme che ti aspetti
servizio di Athos Tromboni FREE

20250720_TorreDelLago_00_LaBoheme_PierGiorgioMorandi_phGiorgioAndreuccettiTORRE DEL LAGO PUCCINI (LU) - Un po' meno pubblico per La bohème rispetto alla Tosca della sera precedente, nel Gran Teatro all'aperto sul Lago di Massaciuccoli. Comunque una buona presenza (diciamo a spanne, oltre 2 mila spettatori?) per un ritorno, quello della regia "cinematografica" di Ettore Scola del 2014 ripresa da
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Opera dal Centro-Nord
Un magico Elisir
servizio di Simone Tomei FREE

20250716_Fi_00_LElisirDAmore_AntonioMandrrillo_phMicheleMonastaFIRENZE - L'elisir d'amore di Gaetano Donizetti è un capolavoro senza tempo che, a quasi due secoli dalla sua prima rappresentazione, continua a incantare e commuovere. Definito "melodramma giocoso", fonde mirabilmente la profondità patetica con l'arguzia dell'opera buffa italiana, creando una "commedia agrodolce" capace di strappare
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Echi dal Territorio
79 anni di emozioni
redatto da Athos Tromboni FREE

20250715_Spoleto_00_Stagione2025_AntonioAgostini_phRomboniDalleLucheSPOLETO (PG) - Partirà il 7 agosto 2025 per concludersi il 24 settembre la nuova Stagione lirica del Teatro Lirico Sperimentale "A. Belli" giunta al lodevole traguardo della 79.ma edizione. Gli spettacoli, oltre che nella città spoletina, andranno in scena anche nei principali teatri dell'Umbria: «79 anni di emozioni, una stagione da vivere!» è lo slogan
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