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Il Teatro Comunale Claudio Abbado e il Conservatorio Frescobaldi insieme per Gaetano Donizetti

Il Campanello suona di notte

servizio di Edoardo Farina

Pubblicato il 22 Maggio 2023

20230522_Fe_00_IlCampanello_MarcoTitotto_phMarcoCaselliNirmalFERRARA - Prosegue la ricca programmazione del Teatro Comunale “Claudio Abbado” di Ferrara nell’ambito della Stagione Opera/Balletto 2022 -23 con Il Campanello del compositore bergamasco Gaetano Donizetti (1797-1848) ove mercoledì 17 maggio 2023, Marcello Corvino, direttore Artistico della Fondazione ne ha presentato l’introduzione all’evento con “Prima della Prima”, consueto appuntamento presso la sala Stemma del Ridotto. Alla presenza del M° Marco Titotto, direttore de l’Orchestra del Conservatorio “Girolamo Frescobaldi”, della Prof.ssa Annamaria Maggese, direttrice del medesimo istituto e il Prof. Paolo Bucchi, docente di Storia della Musica, esponendone le origini, vicissitudini e aneddoti della messa in scena di allora, hanno voluto sottolineare e sugellare la riuscita collaborazione odierna tra le due più importanti istituzioni musicali cittadine.
Una produzione composta dai migliori cantanti e musicisti provenienti dal nostro territorio e non solo, attraverso la regia di Giovanni Dispenza che ha visto impegnati i solisti, il coro del “Frescobaldi” in collaborazione con il “Coro Santo Spirito” preparato e diretto da Manolo Da Rold.                                          
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«… Nota anche con il titolo Il campanello di notte e Il campanello dello speziale è un’opera buffa in un atto; la critica di allora ne diede esito molto favorevole per come fu concepito l’allestimento originariamente ben diverso dalle condizioni in cui oggi lo potremmo vedere e sentire, bensì nella forma di farsa napoletana in cui i dialoghi non sono recitati nella formula dei “recitativi”, più in uso nella musica barocca, ma nel modo personale in cui Donizetti amava scrivere la retorica del “buffo” a differenza di altri autori che la abbandonarono non appena compiuta una carriera importante - sostiene Paolo Bucchi in modo chiaro ed esaustivo -.  Egli torna a Napoli da Venezia nel mese di marzo del 1836 ove aveva debuttato alla “Fenice” con il Belisario. Anno di gravi difficoltà a causa del periodo di profonda crisi che aveva afflitto i luoghi dati agli spettacoli per via anche del colera in atto che ne costringe la chiusura per timore dell’epidemia e, non per ultimi, i mancati rinnovi degli appalti degli stessi teatri reali quali il “San Carlo” e il “Teatro del Fondo”, oggi “Mercadante”. Rappresentata per la prima volta nel mese di giugno al “Teatro Nuovo”, destinato solitamente all’intrattenimento con inserti musicali, nel tentativo di riaprire ne occorreva una commedia inedita. Non sussistendo i mezzi per procurarsela, Donizetti autore sia del libretto che della musica composti integralmente nell’arco del periodo brevissimo di otto giorni testimoniandone la leggendaria rapidità per come la scrisse, offre gratuitamente Il Campanello alla compagnia venendo incontro alle richieste dell’impresario Filippo Pellegrino, gesto molto apprezzato tant’è che la stampa coeva non mancò di lodare la sua singolare generosità.
Il successo ne risollevò le difficoltà economiche della struttura e dopo il primo allestimento che conteneva nella versione iniziale secondo le consuetudini della farsa tradizionale i testi e la parte del farmacista Don Annibale Pistacchio in dialetto napoletano, Donizetti con l’aiuto di Salvatore Cammarano ne rimaneggiò l’inserimento in italiano quindi operò la sostituzione di alcuni numeri con l’aggiunta di un nuovo duetto. La vicenda tratta da una comédie-vaudeville francese di Léon Lévy Brunswick, Mathieu-Barthélemy Troin e Victor Lhérie  La sonnette de la nuit andata in scena a Parigi solo pochi mesi prima non è dal contenuto del tutto nuovo; i dialoghi sono molto lunghi e forse noiosi, si punta sull’attore locale figlio d’arte Raffaele Casaccia poi assai criticato per avere caricato con una mimica eccessiva il personaggio di Don Annibale, metafora che anticiperà in seguito il Don Pasquale del 1843, attribuendolo in maniera fin troppo grottesca…»

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«… Donizetti aveva imparato lo stile di Rossini - interviene brevemente Marco Titotto in pausa dalla prova d’orchestra - abbiamo molti duetti da lui stesso perfezionati nella forma che in seguito passerà a Verdi, tramite un’esposizione, quindi un momento centrale dal conflitto per amalgamarsi in un movimento veloce e divertente nell’interpretazione vista nei personaggi di Enrico e Serafino poi Enrico e Pistacchio attraverso stilemi riconoscibili dal pubblico di sicuro impatto e dal successo assicurato già all’epoca. A Ferrara tutto ciò rappresenta una grande sfida per via soprattutto dell’impiego di cantanti asiatici ingaggiati a interpretare parti dalla dizione difficilissima…» 
«... Mi riallaccio alle parole del maestro Titotto, avendo parlato proprio di un obbiettivo in grado di essere felicemente intrapreso e raggiunto dal nostro Conservatorio Frescobaldi, nonostante abbia all’attivo solo due classi di canto lirico e una di canto rinascimentale-barocco. Come tale l’allestimento di una performance annuale da programmarsi sempre in funzione delle presenze in base alle varie attività didattiche e sfruttando tempi spesso molto ristretti per selezionare le voci idonee è possibile tenendo comunque conto che a volte le disponibilità del “Frescobaldi” sono un po’ esili. Ad ogni modo il lavoro preposto costituisce comunque un momento di riflessione per come i nostri ragazzi vengano a studiare un repertorio spesso impensabile e sconosciuto…» conclude Annamaria Maggese.
A seguito di un periodo di grande successo nell’Ottocento, l’opera è tornata quindi in repertorio nei teatri d’Italia a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso. La fortunata collaborazione tra il Teatro Comunale Abbado e il Conservatorio Frescobaldi di Ferrara, dopo gli allestimenti delle Nozze di Figaro nel 2021 e La Cecchina l’anno successivo, continua in piena sinergia avendo offerto la magnifica opportunità di presentare sul palco del Teatro Abbado un cast vocale e un’orchestra formati come visto, quasi interamente da studenti locali  ove i ruoli sono stati affidati a Kim Minji e Elena Maria Giovanna Pinna (Serafina), Zhou Qihang e Carlo Torriani (Don Annibale Pistacchio, speziale), Shao Longxing e Zheng Chujing (Enrico, innamorato di Serafina), Greta Cognolato e Zeng Lanya (Madama Rosa madre di Serafina), Chen Zhipeng e Liu Xiangyu (Spiridione, garzone) e gli allievi delle classi di Canto considerati davvero strepitosi soprattutto per la indiscussa e sorprendente voce e la capacità di imparare alla perfezione i dialoghi in italiano e non solo.

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Il regista Giovanni Dispenza ha ambientato la rappresentazione in una Napoli accogliente e multiculturale, in cui Don Annibale in una controversa trama si presenta come esperto di medicina cinese e la novella sposa Serafina è una bella orientale.
In breve, Don Annibale Pistacchio, speziale, è un avaro farmacista in procinto di prendere moglie; la sua giovane sposa e un suo brillante corteggiatore che non si rassegna all’addio al nubilato della sua vecchia fiamma, ne sono i protagonisti ove con un esilarante gioco di fantasiosi travestimenti l’amante deluso cercherà di impedire in ogni modo che si concluda felicemente per il rivale. Serafina viene a lui promessa con gran dispetto dell'innamorato ricambiato, il giovane Enrico. La data viene fissata per il giorno precedente la partenza di Don Annibale per Roma, dovendo assolutamente recarsi per presenziare all'apertura del testamento di una sua zia defunta fermandosi per più di un mese. Appreso il fatto, Enrico con la complicità di Serafina, cercherà in tutti i modi di ostacolare il matrimonio ma soprattutto che questo venga consumato, così da guadagnare tempo per un successivo sforzo di farlo annullare.
Don Annibale è obbligato in forza di legge a fornire i suoi prodotti medicinali a chi ne faccia richiesta anche nelle ore notturne, quindi suonando il campanello esterno alla bottega sotto l'abitazione lo "speziale" sarà obbligato a presentarsi: sarà lo stratagemma di Enrico per disturbare l’imminente prima notte di nozze di Don Annibale. Presentandosi via via sotto spoglie diverse (un francese ammalato, un cantante rauco e un vecchietto ironico che canterà la famosa aria Mio signore venerato) Enrico continuerà a farsi ricevere da Don Annibale con i pretesti più strampalati finché, tra babà e agopuntura, il tempo scandirà inesorabile l’avvicinarsi dell’alba al ritmo spietato del povero speziale che dovrà comunque partire in diligenza per Roma lasciando Serafina illibata a casa.
Pagina considerata relativamente “minore” non essendo paragonabile alla migliore creatività di Donizetti come può essere L’elisir d’amore del 1832, non certo per importanza o per la durata di soli 50 minuti, Il Campanello cadde nell’oblio dopo solo tredici repliche del tempo, irrisorie per quanto riguardava la frequenza delle riproduzioni teatrali italiane, ma più probabilmente le cause furono dovute all’abbandono dalla compagnia da parte dell’allora venticinquenne Giorgio Ronconi (nella figura di Enrico) che divenendo da lì a poco uno dei più grandi baritoni dell’Ottocento (primo Nabucco verdiano), aspirava indubbiamente a ben altri ruoli di fama e notorietà. Da non sottovalutarsi, inoltre, la fine di un genere superato quale la farsa, ormai in declino per essere sostituito dal melodramma e il conseguente avvio verso la determinata sensibilità emergente dell’opera romantica.
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La versione allestita al Teatro Abbado di Ferrara, è apparsa molto convincente e bene esposta, attraverso un cast giovanissimo che pur provenendo ancora dagli studi accademici, ha dimostrato una grande professionalità e bravura ineccepibile. I costumi orientali disegnati da Monica Mulazzani, le scene di Francesca Lelli supportate dal direttore delle stesse Susanna Guerrini e le luci di Marco Cazzola, anche se piuttosto minimaliste senza considerevoli cambi di scenografia su uno sfondo azzurro e il disegno di un grande campanello bianco preceduto da un dipinto raffigurante ritratti dall’allegoria settecentesca a sipario chiuso, si sono rivelate sufficienti a creare il giocoso clima partenopeo dove la scritta “Essere Napoletano è Meraviglioso” posta stabilmente a mo’ di striscione in testa alle scene, ha scaturito un senso di allegria e vivacità sin da subito.
Riscontro favorevole da parte dei presenti in sala, accorsi numerosi, composti da ragazzi delle scuole nella “prima” andata in scena il 19 maggio 2023 mattina costituendo un’ottima iniziativa riguardo la possibilità di avvicinarsi all’educazione dell’ascolto utilizzando una scelta artistica di norma considerata ostica e poco comprensibile rispetto ad esempio Vivaldi o un solare quartetto di Mozart, per confermarsi il sold out nella serata successiva.
Le musiche gioiose, divertenti, quasi sempre in tonalità maggiore, complice un buon ritmo e tenuta di sceneggiatura senza mai praticamente annoiare, hanno sicuramente contribuito a destare un piacevole interesse anche nei confronti di una platea inesperta, contribuendo a determinare nel palco ferrarese la versatilità verso un tipo di lavoro di ricerca che da alcuni anni viene svolto nel tentativo ben riuscito di riportare alla luce opere spesso dimenticate, senza riempire ma neppure togliere i “soliti” titoli da cartellone appartenenti ai giganti della lirica ormai proposti centinaia di volte in tutta Italia.
Il Teatro Comunale Abbado è oggi ai primissimi posti nazionali per qualità e scelte della produzione, merito di un eccellente staff organizzativo, direi decisamente senza precedenti.
(la recensione si riferisce alla recita di venerdì 19 maggio 2023)

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Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal per Teatro Comunale Claudio Abbado e Conservatorio Frescobaldi
Nella miniatura in alto: il direttore Marco Titotto
Sotto a destra: il regista Giovanni Dispenza
Al centro: un campo lungo di Caselli Nirmal su teatro e allestimento
Sotto, in sequenza: alcuni momenti della recita






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