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Un oratorio di George Frideric Händel č stato molto applaudito dal pubblico californiano

Solomon a Los Angeles

servizio di Ramón Jacques

Pubblicato il 29 Marzo 2023

20230329_LosAngeles_00_Solomon_HarryBicket_phRichardHaughtonLOS ANGELES, CA. USA, Dorothy Chandler Pavilion, 10 marzo 2023 - Continua la collaborazione tra la Los Angeles Opera (LA Opera) e l'orchestra inglese The English Concert, che propone annualmente un titolo di (1685-1759) nell'ambito della stagione lirica. La musica antica è una delle assenze  nella storia di questo teatro, e sebbene in passato siano stati messi in scena alcuni titoli di Händel o di Claudio Monteverdi, è sempre una mancanza della sua programmazione, che parzialmente è coperta da questa orchestra specializzata nel repertorio con strumenti d'epoca.
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Nonostante le recite si svolgano in un'unica data, e in una versione da concerto, il che sembrerebbe riduttivo, l'esecuzione dell'oratorio in tre atti Solomon HWV 67 (1743) ha lasciato molto soddisfatti i presenti, soprattutto nella parte vocale che ha potuto contare su cantanti specializzati in uno stile poco conosciuto qui a Los Angeles.
Da poche settimane è stata annunciata la stagione 2023-2024 del teatro, ed è già previsto un ritorno dello stesso gruppo inglese con Rodelinda, sempre di Händel.
Ritornando all'oratorio Solomon, l'autore del libretto dell'opera, che si ascolta con una certa frequenza in varie sale da concerto a livello internazionale, sembra essere sconosciuto, anche se spesso viene attribuito allo scrittore e librettista irlandese Newburgh Hamilton (1691-1761), che lavorò a fianco del compositore in Alexander’s Feast (1736) e all’Occasional Oratorio (1746).
Nella storia del saggio re Salomone, che si basa sulle storie bibliche del Primo Libro dei Re, del Secondo Libro delle Cronache e delle Antichità ebraiche dello storico ebreo romano Flavius Josephus, non sembra esserci alcuna trama che possa consentire una messa in scena convincente, ma il suo pregio sta nelle sue parti vocali, corali e orchestrali.
Indubbiamente, il Dorothy Chandler Pavilion è uno spazio troppo grande per l’orchestra händeliana, ma anche così, i membri dell'orchestra sono riusciti a trasmettere i momenti più musicali, dolci e commoventi della partitura, soprattutto nei momenti e nei passaggi più soavi. L’ensemble sotto la guida del suo titolare, il maestro Harry Bicket al clavicembalo, ha convinto per la dinamicità e leggerezza conferite all'esecuzione, e per la considerazione con cui prestava attenzione alle voci. Molto applaudita è stata la sua esecuzione del noto e vivace brano strumentale "L'ingresso della regina di Saba" all'inizio del terzo atto, per oboi e archi.
Alla fine, l'oratorio Salomone sembra essere un lavoro che cerca di mettere in luce le virtù e la saggezza di un sovrano benevolo che permette la gioia dell'amore coniugale.
Al cast di cantanti esordienti ha partecipato il mezzosoprano svedese Ann Hallenberg, che ha cantato qualche anno fa nel Messiah di Händel nella vicina sala LA Philharmonic, e che, salendo su questo palco per la prima volta, ha mostrato la sua qualità e il suo calore vocale , con la padronanza e la conoscenza che ella ha di questa musica. Nel suo canto ha espresso autorità, intenzione e un'ammirevole dizione inglese.
Nel doppio personaggio della Regina del Salomone e della Prima prostituta si è udito il soprano Miah Persson, che ha cantato con buon gusto, chiarezza nell'emissione e notevole emozione, con l'accampamento del flauto.

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Una piacevole impressione è stata lasciata dal mezzosoprano irlandese Niamh O'Sullivan, nell'interpretazione della sua aria "Your frase, great King" con la sua voce brunita di brillante qualità melodica e duttile nell'estensione. Il suo ruolo era quello della Seconda prostituta.
L'oratorio Solomon ha ampi recitativi e arie cariche di sentimento e passione, e curiosamente le arie più virtuose corrispondono a voci maschili come quella del tenore James Way, che nel ruolo di Zadok ha mostrato un'ampia gamma vocale e agilità in ciascuno dei suoi interventi; così come il basso-baritono Brandon Cedel con una voce non proprio gradevole nel colore e nel timbro, ma che si è rivelato un cantante affidabile.
Nel ruolo della Regina di Saba, il soprano Elena Villalón ha cantato con convinzione e con un'estensione vocale ampia e piacevole, e la sua interpretazione dell'aria "Will the sun forget to stripes" è stata un momento clou del concerto.
Non va dimenticato il contributo del noto coro newyorkese The Clarion Choir, che con trentadue elementi e sotto la direzione del suo direttore Steven Fox è stato omogeneo, preciso, chiaro e abile quando richiesto, rappresentando il gruppo dei sacerdoti e quello degli Israeliti, per non parlare di “May no rash intruder” che è forse la migliore parte corale composta da Händel, e il ritornello finale “The name of the Wicked”.

Crediti fotografici: Richard Haugton e Orjan Jakobsson per Ufficio stampa LA Opera 
Nella miniatura in alto: il direttore Harry Bicket
Al centro: il soprano svedese
Ann Hallenberg

Sotto: saluti finale al termine del concerto






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