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Ecco come sono andate le recite dei principali titoli del «Festival 100» nelle repliche di inizio agosto |
Quattro serate in Arena |
servizio di Nicola Barsanti |
Pubblicato il 07 Agosto 2023 |
VERONA - Diamo conto delle repliche nella prima settimana d'agosto di quattro serate all'Arena di Verona dove abbiamo assistito a rappresentazioni sia con artisti delle "prime" di giugno e luglio, sia con l'esibizione di nuovi interpreti subentrati nei ruoli principali.
AIDA (recita di mercoledì 2 agosto 2023) Nell’ambito del centenario dell’Arena di Verona Opera Festival, il regista, scenografo, coreografo e costumista Stefano Poda firma in toto la nuova produzione dell’opera regina del festival: Aida. Sin dalla sua prima rappresentazione, l’opera di Giuseppe Verdi, su libretto di Antonio Ghislanzoni e basata su un soggetto originale dell’ archeologo francese Auguste Mariette (primo direttore del museo Egizio del Cairo), non ha mai smesso di stupire chi l’ascolta; non solo per il susseguirsi drammatico della storia, ma anche e sopratutto per l’alternanza di momenti intimisti ad altri solenni e gloriosi. Per questo, sin dal 1913, l’Aida è così cara al pubblico veronese e, dopo oltre un secolo, a Stefano Poda va l’onore e l’onere di rendere giustizia a un titolo tanto amato. Che lui sia o meno riuscito in questo intento, rimane una questione di gusto, quindi ci limiteremo a descriverne i tratti distintivi.


La scelta registica vede un’ambientazione atemporale. Ne sono la prova un braccio meccanico e una colonna spezzata in stile dorico adagiate sulle gradinate dell’Arena alle estremità opposte del palco: un chiaro rimando al futuro e al passato. La vicenda si svolge proprio nel mezzo di questi due archi temporali indefiniti, sotto il dominio di una mano meccanica posizionata al centro, che (a seconda delle esigenze del libretto) si muove alzandosi o abbassandosi, dominando i protagonisti come se fosse la mano di un’essenza superiore e onniveggente, che tutto sa e tutto muove. Detto ciò, l’impianto scenico rimane pressoché statico. Le protagoniste indiscusse di questa produzione sono le luci, che (alternate a laser, scettri fluorescenti e palle lucenti), fanno scintillare continuamente la scena, enfatizzando i costumi maestosi dei vari personaggi. Non mancano piccoli momenti stridenti (ad esempio, la mummificazione di corpi all’inizio del secondo atto, proprio mentre Amneris fa credere a Aida che l’amato Radamès sia caduto in battaglia) ma, ciò tolto, rimane uno spettacolo d’effetto, che stupisce e che merita di essere visto anche solo per migliorare le proprie capacità critiche. Venendo al cast, per l’Aida del 100° Festival non poteva che esserci un soprano stellare dal calibro di Anna Netrebko. La sua performance lascia estasiati, raggiungendo massima intensità nell’aria del terzo atto “O cieli azzurri”, in cui la sua lama e la precisione, unite a un’emissione dolce e potente, la confermano una delle artiste più grandi del panorama lirico internazionale. Al suo fianco, nel ruolo dell’amato Radamès, Yusif Eyvazov (compagno della Netrebko anche nella vita) esordisce con una buona “Celeste Aida”, se si esclude la sua resa del Si bemolle in diminuendo. Tuttavia, nel corso degli atti, va migliorando per emissione e spicco, dimostrando una buona tecnica e un valido fraseggio, e conquistandosi gli applausi del pubblico. Altra eccezionale interprete il mezzosoprano Olesya Petrova, che, nel ruolo di Amneris, spicca per chiarezza e drammaticità d’accenti, arricchendo il tutto con un’ottima presenza scenica; di particolare rilievo il momento del giudizio, ove l’emissione raggiunge la massima raffinatezza. Un’altra stella è Amartuvshin Enkhbat (Amonasro), il quale, come al solito, meraviglia per la chiarezza della dizione e una proiezione sonora senza eguali. Il Ramfis di Christian Van Horn risulta leggermente coperto nel corso del primo atto, mentre, nell’evoluzione dell’opera riesce ad emergere con una forte e distinta vocalità, che mostra un timbro idoneo nel sottolineare l’inamovibile austerità del personaggio. Buoni anche i comprimari: il Re di Simon Lim, Un Messaggero di Carlo Bosi e Una sacerdotessa di Francesca Maionchi. Se si escludono alcune piccole stonature dei tromboni, l’Orchestra della Fondazione Arena di Verona, diretta dal maestro Marco Armilliato, risulta compatta e puntuale, agevolando la linea del canto sia per quanto riguarda le parti solistiche, sia per quelle corali, quest’ultime curare ad hoc dal maestro Roberto Gabbiani. “L’Aida di cristallo” (come è stata definita in maniera figurata su tanta stampa italiana e straniera) si conclude con ovazioni generali per tutti e un “secondo trionfo” da attribuire ad un cast stellare.
NABUCCO (recita di giovedì 3 agosto 2023) Con la storica regia di Gianfranco de Bosio, Nabucco di Giuseppe Verdi prende vita all’interno della suggestiva Arena di Verona. Si tratta di una produzione che porta indietro nel tempo: i movimenti delle masse sono limitati, mentre grandi colonne e scale dominano la scena trasformandosi nel corso dei quattro atti e creando così gli ambienti idonei a soddisfare le diverse esigenze del libretto.


Venendo al cast, troviamo il basso Rafal Siwek nel ruolo di Zaccaria (biblicamente il Profeta Geremia), il quale possiede uno strumento con una buona proiezione e profondità, ma risulta debole per quanto riguarda il legato ed il fraseggio, sconnesso sin dalla sua cavatina “D’Egitto là sui lidi”. Ottima, invece, la Fenena di Vasilisa Berzhanskaya, che, con la sua bella emissione, contribuisce a terzetti e quartetti, sino alla pregevole esecuzione della sua unica aria “Oh, dischiuso è il firmamento”. Altro ottimo interprete il tenore Riccardo Rados (Ismaele), che mostra fin da subito un’ottima proiezione e un saldo registro acuto, doti che gli consentono di affrontare al meglio tutte le difficoltà dello spartito. Nel ruolo del titolo, il baritono Roman Burdenko (dotato di una buona presenza scenica) domina con accortezza i propri mezzi, uscendo vincente sia nelle parti imperiose, sia quando da Dio diventa “Padre” e persona umana, munita di compassione e pietà. Di particolare rilievo “Chi mi toglie il regio scettro” e “Dio di Giuda”, in cui questa dualità è più evidente. Brava Maria José Siri nel ruolo di Abigaille. Anche se in svariate occasioni non è stata aiutata dal direttore d’orchestra (di cui parleremo a breve): il soprano possiede una vocalità raffinata e molto solida sulla parte alta del registro, apprezzabile specialmente in quelle arie in cui domina il belcanto. Completavano il cast il Gran Sacerdote di Belo di Gianfranco Montresor, Abdallo di Carlo Bosi e Anna della brava Elena Borin. Passando all’aspetto prettamente orchestrale, la direzione del maestro Alvise Casellati risulta confusa e farraginosa, penalizzando, talvolta, le parti solistiche, con un errore prima del terzettino del primo atto e uno sbandamento di ritmo nell’aria di Abigaille “Anch’io dischiuso un giorno”. Al contrario, meraviglia per dizione e proiezione sonora il Coro della Fondazione Arena, ottimamente preparato dal maestro Roberto Gabbiani, che sa far emergere ogni sfumatura scritta in partitura. Superbo il “Va, pensiero” di cui è stato concesso il bis. La serata si conclude con calorosi applausi per tutti i presenti.
RIGOLETTO (recita di venerdì 4 agosto 2023) Questa recita presso l’Arena di Verona è stata annullata per le avverse condizioni meteorologiche.
TOSCA (recita di sabato 5 agosto 2023 ) Verona - Già vista e recensita in occasione del Festival 2019, l’allestimento areniano di Tosca firmato dal regista Hugo De Ana si conferma l’ottimo spettacolo dsempre.La produzione si avvale di un adeguato cast che vede Sonya Yoncheva nel ruolo di Tosca; il soprano rende il personaggio molto vanitoso e sicuro di sé nel primo atto, per lasciare poi spazio al suo lato più emotivo nel corso del secondo, culminante nell’uccisione del tiranno Scarpia (interpretato dall’efficace Roman Burdenko). La Yoncheva possiede uno strumento molto raffinato, contraddistinto da un’emissione carica di colori e sfumature che impreziosiscono il fraseggio. La voce risulta più forte sulla parte acuta del registro, sebbene talvolta non manchi qualche leggera difficoltà sull’appoggio, che fa trapelare un lieve vibrato, percepito in maggior misura in occasione della sua aria principe “Vissi d’Arte”. Altro eccezionale interprete dal punto di vista vocale e recitativo è Vittorio Grigolo (Mario Cavaradossi), che, forte della sua spiccata presenza, scenica crea con il pubblico un legame empatico tale da immergerlo completamente nell’opera. Ottima la resa di “E lucevan le stelle” del quale viene concesso il bis. Bene anche i due bassi Giorgi Manoshvili (Angelotti) e Giulio Mastrotaro (il Sagrestano), dotati entrambi di interessanti sfumature. Completano il cast Spoletta di Carlo Bosi, Sciarrone di Nicolò Ceriani, un Carceriere di Dario Giorgelè e il Pastorello della bravissima Erika Zaha. La direzione musicale è affidata alle sapienti mani del maestro Francesco Ivan Cianpa, il quale cerca fino all’ultimo di agevolare la linea del canto, governando la difficile partitura e dando risalto agli innumerevoli temi che si susseguono e concorrono al tessuto melodico dell’opera. Encomiabile anche il Coro, ben preparato dal maestro Roberto Gabbiani. La recita si conclude con grande entusiasmo da parte del pubblico.

Crediti fotografici: Ennevi Foto per la Fondazione Arena di Verona Nella miniatura in alto: Anna Netrebko superba interprete di Aida Sotto, in sequenza: foto di scena dell' Aida di cristallo Al centro, in sequenza: Rafal Siwek (Zaccaria) e Maria José Siri (Abigaille) in Nabucco; ancora Maria José Siri; bella panoramica di Ennevi Foto su allestimento e costumi di Nabucco Sotto, nella miniatura a destra: Sonya Yoncheva in Tosca In fondo: ancora la Yoncheva e Roman Burdenko (Scarpia)
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Abbiamo la Turandot dei prossimi 20 anni
intervento di Athos Tromboni FREE
SPOLETO – Il Teatro Lirico Sperimentale “A.Belli” ha messo in scena la Turandot di Giacomo Puccini come ultima opera della sua stagione lirica. Due le note salienti da mettere in rilievo: la prima, che l’allestimento ha scelto il finale di Luciano Berio rispetto a quello tradizionale di Franco Alfano; e la seconda, che nel ruolo della Principessa di Ghiaccio - la sera del 15 settembre al Teatro Nuovo - ha cantato la giovane Suada Gjergji e con essa il mondo del melodramma ha trovato la Turandot dei prossimi 15 – 20 anni, poi diremo perché. Ma partiamo dalla prima nota saliente: il finale di Berio. È talmente bello musicalmente che meriterebbe di essere “espunto” dall’opera per costituire un brano a sé, di Puccini-Berio se proprio lo si dovesse cointestare. Fior di musicologi hanno spiegato e scritto perché Berio abbia rispettato più di Alfano gli appunti lasciati da Puccini morto prima di concludere l’opera.
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Pigmalione cattura l'attenzione
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ROVIGO - Il 16 ottobre 1714 il poeta e librettista veneto Francesco Passarini (da non confondere con l'omonimo compositore bolognese vissuto nel secolo precedente) scrisse una dedica al Podestà di Rovigo: «... Eccellenza, è un debito indispensabile del mio reverendissimo ossequio il consacrare alla grandezza di Vostra Eccellenza questo mio
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Opera dal Centro-Nord
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Eccola di nuovo: La bohème
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FIRENZE - Al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino torna La bohème nella classica e tradizionale regia firmata da Bruno Ravella (già vista e recensita nel 2017 che potete leggere qui), in quest’occasione ripresa da Stefania Grazioli con ottima cura, e come allora si apprezzano le luci di D. M. Wood, qua riprese da Emanuele Agliati.
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Opera dal Centro-Nord
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FERRARA - La nuova Stagione d’Opera e Balletto del Teatro Comunale "Claudio Abbado" si è inaugurata con la messa in scena della Turandot di Giacomo Puccini, coproduzione tra la coreana Daegu Opera House e la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara. Tutto esaurito, sia per la "prima" che nella replica della domenica
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servizio di Ramón Jacques FREE
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TRIESTE - Teatro Verdi. La Manon Lescaut di Giacomo Puccini, in scena in questi giorni al Teatro Verdi di Trieste, avrebbe potuto essere rappresentata come concerto sinfonico, togliendo cantanti, coro, comparse e tenendo solo la musica. A ragione si afferma da parte degli autorevoli critici musicali che questa è un’opera “sinfonica”
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PARMA - Bianco e nero sono due facce della stessa medaglia e ne assumono significati antitetici: bene e male, buoni e cattivi, vincitori e vinti e così via... È in questo modo che il regista Pier Luigi Pizzi - curatore di regia, scene, costumi e video - ha inteso mettere in scena al Festival Verdi di Parma I Lombardi alla prima crociata, opera giovanile
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FIDENZA (Pr) - Anche quest’anno il Festival Verdi esce dalle mura storiche del Teatro Regio di Parma e sposta alcune delle produzioni nei Comuni limitrofi della città nell’intento di coinvolgere altre realtà monumentali come il Teatro Magnani di Fidenza, un piccolo gioiello incastonato nella cittadina parmense che, nonostante l’esigua capienza, vanta
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PARMA - L’ennesima distorsione di uno dei massimi capolavori del Cigno di Busseto che in quest’occasione vede la prima rappresentazione di Il Trovatore nell’ambito del XXIII Festival Verdi di Parma potrebbe essere riassunta con due sentimenti: amarezza e delusione. Se l’amarezza è dovuta ad una rappresentazione
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FERRARA - La 25.ma edizione della stagione del Jazz Club Ferrara si aprirà nel Torrione San Giovanni di Corso Porta Mare 112 venerdì 6 ottobre 2023 e si protrarrà fino al 30 aprile 2024. Oggi è stato reso noto dal presidente Federico D’Anneo e dal direttore artistico Francesco Bettini alla presenza dell’assessore alla Cultura del Comune di Ferrara, Marco Gulinelli
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PARMA - Terrore e dubbio: i caratteri salienti della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi. La direzione di questo capolavoro sinfonico-corale è affidata al direttore ucraino Oksana Lyniv che nella prima parte, fino al terzetto Quid sum miser trasmette ad hoc l’intensità drammatica della partitura, mentre assume un carattere meno intenso e quasi
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La ricca stagione del Bonci
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CESENA - Conferenza stampa del Teatro Comunale “Alessandro Bonci“ in data 7 settembre 2023: è stata definita la programmazione della stagione invernale 2023/2024 caratterizzata da un’ ampia scelta intesa come luogo di confronto, esplorazione e dialogo, ovvero filtro e racconto del nostro vivere, offrendo ancora una volta una visione
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