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Andata in scena a Rovigo in prima assoluta in epoca moderna l'opera di Giovanni Alberto Ristori |
Pigmalione cattura l'attenzione |
servizio di Athos Tromboni |
Pubblicato il 04 Dicembre 2023 |
ROVIGO - Il 16 ottobre 1714 il poeta e librettista veneto Francesco Passarini (da non confondere con l'omonimo compositore bolognese vissuto nel secolo precedente) scrisse una dedica al Podestà di Rovigo: «... Eccellenza, è un debito indispensabile del mio reverendissimo ossequio il consacrare alla grandezza di Vostra Eccellenza questo mio Drama, & un'intercessione della sua felicità l'andare insignito del vostro gloriosissimo Nome...» Ecco, la dedica al potente era fatta, come era d'uso all'epoca, e presentava le sue "umilissime, devotissime, servilissime" disponibilità alla captatio benevolenza per il proprio dramma gioioso (opera buffa, si direbbe oggi): il Pigmalione che «... in soli sedici giorni si è posto in ordine ... la virtuosa idea del signor Giovanni Alberto Ristori, che l'ha musicato in tempo sì ristretto...» La prima esecuzione assoluta andò perciò in scena nel Teatro Manfredini di Rovigo proprio nel 1714, con successo e ammirazione della nobiltà e della borghesia polesana (c'è da presumerlo...) e contribuì alla fama prima nazionale e poi europea del compositore Giovanni Alberto Ristori. Dramma gioioso barocco, dunque, che il Teatro Sociale di Rovigo ha allestito come "prima assoluta in epoca moderna". Facciamo un passo nella letteratura d'epoca; Pigmalione è un personaggio del mito greco. Re di Cipro secondo lo scrittore Arnobio (vissuto nel terzo secolo dopo Cristo) differisce dal personaggio raccontato da Ovidio("Le metamorfosi", ) dove si narra che Pigmalione era uno scultore che aveva modellato nell'avorio un nudo femminile: perdutamente innamoratosi della propria statua, l'aveva ritenuta l'espressione più alta della femminilità, superiore a qualunque donna anche in carne e ossa, tanto da dormirle accanto nella speranza che un giorno si animasse.
  
  
Sempre secondo Ovidio, fu in occasione delle feste rituali in onore di Afrodite che lo scultore si recò al tempio della Dea e la pregò di concedergli in sposa la statua creata con le sue mani, rendendola una creatura umana: la Dea acconsentì. Egli stesso vide la statua lentamente animarsi, respirare e aprire gli occhi. Pigmalione e la donna uscita dalla statua si sposarono ed ebbero una figlia, Pafo, che diede successivamente il suo nome all'omonima città di Cipro, famosa per un tempio dedicato ad Afrodite. La statua, priva di nome nel mito, è stata denominata da autori moderni (dal XVIII secolo in poi) Galatea. E ritorniamo alla cronaca odierna: l'opera di Ristori e il libretto di Passarini fanno riferimento alla vicenda raccontata da Ovidio; complicando un po' le cose, perché qui lo scultore Pigmalione è amato e conteso da due fanciulle, Eburnea e Isifile, a loro volta amate da Elviro e Laurindo. Sarà Eburnea ad avere la meglio, sostituendosi furbescamente alla statua, per la disperazione dell'amante Elviro abbandonato, la gioia dello scultore Pigmalione che potrà sposarsi con una donna in carne e ossa, e la rassegnazione di Isifile che dovrà accontentarsi di Laurindo. L'allestimento rodigino è stato affidato per scene e costumi e Matteo Corsi e a Eleonora Nascimbeni, vincitori del 1° Concorso di Scenografia dedicato al compianto Gabbris Ferrari, grande pittore, scenografo e regista del capoluogo polesano. La regia è stata curata a Federico Bertolani.


Abbiamo assistito a un piccolo capolavoro di scene, costumi e luci. Abbiamo applaudito una messa in scena accattivante, ben condotta, precisa e senza orpelli parainterpretativi, dove la commedia è stata commedia, la favola è stata favola e l'ingegno è stato indirizzato con intelligenza alla semplicità pastorale che presumibilmente aveva animato nel Settecento sia il librettista che il compositore. Lo spettacolo ha catturato il pubblico, che ha seguito con attenzione e divertimento tutta la recita. Fondali e quintine di teli e pannelli dipinti? Sì. Fantasmagoria di cromìe pittoriche? Sì. Gioia per l'occhio e per lo spirito? Sì. Abbondanza di fiori multicolore e verdissimi arbusti per un effetto caleidoscopico? Sì. Alla riuscita hanno contribuito anche Bernardo Ticci che ha curato la trascrizione musicale; e Marco Schiavon responsabile della revisione drammaturgica. Sotto l'aspetto musicale va lodata la bella prestazione di Bruno Taddia nel ruolo di Pigmalione: voce morbida e intonazione ottima, recitazione da aedo del classicismo ellenico. Bravissime sia il soprano Silvia Frigato (Eburnea) che il mezzosoprano Marina De Liso (Isifile) interpreti specializzate nella vocalità barocca e preromantica. Eccellente il contratenore Nicolò Balducci (Elviro) che ha stupito e sedotto per l'intonazione perfetta, il legato meraviglioso e il gesto scenico elegante ed espressivo. Un po' meno seducente la prestazione dell'altro contratenore, Antonio Giovannini, che ha vestito i panni di Laurindo, Una licenza, geniale e condivisibile, è stata quella del regista Federico Bertolani che ha messo in scena un personaggio extratestuale, col compito di recitare la parte del Podestà di Rovigo destinatario della dedica del poeta Francesco Passarini: in questa parte del tutto originale si è districato molto bene e in maniera simpaticissima l'attore Giulio Canestrelli. Sul podio dell'ensemble "L'Arte dell'Arco" (che ha eseguito con strumenti d'epoca), era il maestro Federico Guglielmo, che oltre a dirigere l'orchestra ha eseguito come violino concertante alcune pagine della partitura di Ristori. Poco pubblico ma calorosissimo e prodigo di applausi anche a scena aperta. Applausi meritati. (la recensione si riferisce alla recita di domenica 3 dicembre 2023)
Crediti fotografici: Valentina Zanaga per il Teatro Sociale di Rovigo Nella miniatura in alto: l'ottimo Bruno Taddia (Pigmalione) Sotto, in sequenza: Giulio Canestrelli (il Podestà); Silvia Frigato (Eburnea) e Antonio Giovannini (Laurindo); ancora Silvia Frigato; Nicolò Balducci (Elviro); Silvia Frigato e Bruno Taddia; Marina De Liso (Isifile) Al centro, in sequenza: Nicolò Balducci, Marina De Liso, Antonio Giovannini; Silvia Frigato, Marina De Liso, BrunoTaddia In fondo: i protagonisti e la statua (panoramica)
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