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In scena nel Teatro Abbado il primo capolavoro della trilogia Mozart-Da Ponte

Nozze di Figaro esagerate

intervento di Athos Tromboni

Pubblicato il 01 Luglio 2023

20230701_Fe__00_LeNozzeDiFigaro_AdrianSchvarzsteinFERRARA - Divertire, stupire, corrodere, dissacrare. Sono i princìpi della neorivoluzione intellettuale mutuata dalle esagerate possibilità offerte da informatizzazione di massa e AI (Intelligenza Artificiale) nel villaggio globale. Ecco dunque che "esagerare" non è più l'eccezione, ma diventa la norma. Tanto più nell'opera lirica, dove nel libretto sono cristallizzati luoghi, epoche, costumi, convenzioni e convinzioni sociali, insomma il mondo del passato con la sua propria storia. Sì perché La traviata (o La signora delle camelie di Dumas figlio) ambientata da Piave e Verdi all'attualità del loro tempo, oggi è passato storico; così come Le mariage de Figaro di De Baumarchais (o, se si vuole, Le nozze di Figaro di Mozart-Da Ponte) è il passato storico. Le cui situazioni, intrecci, vicende fondanti sono negoziabili, quindi adattabili a epoche e convenzioni e convinzioni diverse dal periodo descritto sulla pagina nella drammaturgia originale. Ciò che non è negoziabile è - invece - la musica (e il canto) perché ambientare Le nozze di Figaro in un giardino nobiliare del Settecento o in una discarica di rifiuti dei giorni nostri può anche essere plausibile se l'intenzione è quella di rappresentare la farsa esistenziale dei protagonisti; e l'impatto emotivo su chi assiste - cioè il pubblico - può essere il surrogato pertinente delle due ambientazioni; ma la musica, in quanto elemento non negoziabile, non può essere surrogata da una parafrasi, da una variazione sul tema, da una libera interpretazione, da una riscrittura per strumenti diversi da quelli per cui era nata, perché la musica, elemento immateriale, giustifica sé stessa solo se rimane uguale a sé stessa. Questa è la forza che salva l' originale rispetto alla copia. Eserciti di musicologi e di filologi lo hanno scritto, dimostrato e filosoficamente motivato.

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Ecco che, per quanto qui accennato, trova giustificazione ("giustificazione", non approvazione, né condivisione, sia ben chiaro) quanto dichiarato dal regista Adrian Schvarzstein per le "sue" Nozze di Figaro allestite a Ferrara: «Prendendo spunto dal film capolavoro Brutti, sporchi e cattivi di Ettore Scola, l’ambiente scelto è quello della misera periferia degli anni Sessanta del Novecento. I personaggi di questa commedia si mescolano in un continuo andirivieni di vicende che sono il frutto di una tensione sociale, non riescono a realizzarsi e vogliono coinvolgere gli altri nel loro insuccesso». La critica lo disse allora: “Quello che oggigiorno non è permesso dire, in quest'opera lo si canta!” (Wiener Realzeitung, 1786). Il regista Schvarzstein riprende le provocazioni della commedia di De Beaumarchais e le porta in scena: l’opera mozartiana diventa così l’opportunità per «... sorridere delle convenzioni, e soprattutto delle diverse classi sociali che oggi, effettivamente, non hanno alcun senso, ma che continuano ad esistere in altre forme.»
Una bella operazione di adattamento, possibile perché «le provocazioni della commedia» sono, appunto fatti negoziabili. Così nella platea e nei palchi del Teatro Comunale "Claudio Abbado" Le nozze di Figaro non cominciano al primo levare-battere della bacchetta direttoriale, cominciano ben a monte, quando il pubblico (teatro esaurito) sta per entrare e trova figuranti e cantanti (compreso lo stesso regista) intenti a fingere di fare pulizie, vendere gadget, cazzeggiare una qualunque cosa basta che sia esagerata e fuori tema. E la sequela di situazioni, gags di gruppo, entrate-uscite-rientrate (soprattutto in un gabinetto, sì, un cesso da cantiere edile, non il "gabinetto" del secondo atto dove si nasconde Cherubino poi sostituito da Susanna) si estende a tutti e quattro gli atti dell'opera di Mozart-Da Ponte introducendo (senza che sia prescritto) il teatro nel teatro.

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Poco male, agli effetti pratici (e di botteghino): il pubblico sta cominciando ad adattarsi anche alle stramberie nell'opera, effetto allucinogeno che genera sempre più assuefazione, al punto tale che notare o non notare le "differenze" rispetto alle "vere verità drammaturgiche" comincia a non avere più alcun senso.
A Ferrara, per Le nozze di Figaro, è stato confermato il cast vocale già protagonista lo scorso anno nel Don Giovanni, di Mozart-Da Ponte: in scena erano Guido Dazzini (Conte d'Almaviva), Giovanni Luca Failla (Figaro), Marta Lazzaro (Contessa d'Almaviva), Gesua Gallifoco (Susanna), Silvia Caliò (Barbarina), Alessandra Adorno (Marcellina), Gianluca Convertino (Antonio e Bartolo) e Lorenzo Martelli (Basilio e Don Curzio), cui si è unito per questa produzione il contratenore Nicolò Balducci (Cherubino), un altro giovanissimo talento scelto dal maestro Leone Magiera cui era affidata la preparazione musicale dei giovani cantanti del cast.
E proprio Magiera, che aveva festeggiato pochi giorni prima il suo 89° compleanno a Ferrara, mentre era impegnato a preparare Nozze con i cantanti, ha spiegato le sue linee-guida: «Con la forza della musica, così spumeggiante e incisiva, e con la varietà di ritmi e di colori del tutto insoliti per l’epoca, Le nozze di Figaro continuano a stupire per la modernità e per l’impatto che esercitano sui pubblici di tutto il mondo dal 1786 ad oggi... Quest’anno ho ritrovato questi giovani artisti, dal grande avvenire, ancor più motivati e maturati nel loro percorso a continuare quell’operazione di attenzione allo sviluppo professionale dei talenti emergenti che la dirigenza del Teatro Comunale "Claudio Abbado" ha, con lungimiranza, avviato da qualche stagione.»
Il Coro del Teatro Comunale "Claudio Abbado" è stato affidato alla brava Teresa Auletta, mentre in buca suonava l'Orchestra Città di Ferrara.
Costumi e scene sono a cura di Lilli Hartmann e il design luci di Marco Cazzola, assistente alla regia e coreografa Jūratė Sirvytė-Rukstelė.
Detto che tutti i giovani cantanti se la sono cavata egregiamente e che più che egregio musicalmente è stato il Cherubino del falsettista Nicolò Balducci (il più calorosamente applaudito dal pubblico anche a scena aperta) rimane da parlare della conduzione musicale del maestro Massimo Raccanelli. Ecco, il vero gioiello della serata è stata la sua concertazione: attento costantemente al palcoscenico, ha guidato l'orchestra, i cantanti e il coro in magnifiche esecuzioni durante i numerosi concertati mozartiani. Tanto che l'impressione (dicasi "impressione", ovviamente di chi scrive questa cronaca) era che la sua fedeltà all'originale segnasse un distacco dalla rappresentazione: la musica per conto proprio, separata in casa dalla messa in scena.
Del resto, quando il podio rischia di essere distratto da rumori di scena (non solo passi, o botto di oggetti, ma anche vere e proprie standing-ovations di coro e figuranti... ipse dixit gubernator fabula) l'antidoto è concentrarsi sull'orchestra, sui cantanti, sul coro. E guidarli alla mèta, ignorando l'extracontesto.
Così la proverbiale semplicità nel dialogo fra i suoni e la leggerezza nella consistenza di marca mozartiana hanno deliziato l'udito dei puristi e sicuramente ammaliato la sensibilità dei neofiti. I primi dieci minuti di canto dopo la sinfonia iniziale (anche questa tempestata da rumori extracontesto e gags tanto divertenti quanto inopportune) sono parsi squilibrati nel rapporto orchestra/voce, con lo strumentale che copriva il canto, poi Raccanelli ha aggiustato il tiro e ha confezionato il gioiello di concertazione di cui si diceva.
Al termine applausi e più chiamate per tutto il cast. Ovazione per Massimo Raccanelli al suo apparire sul proscenio. Applausi anche per il management regista-costumista-coreografa, nonostante tutto.
(la recensione si riferisce alla recita di venerdì 30 giugno 2023)

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Crediti fotografici: Marco Caselli Nirmal per il Teatro Comunale "Claudio Abbado" di Ferrara
Nella miniatura in alto: il regista Adrian
Schvarzstein
Sotto in sequenza: panoramiche su interpreti e costumi
Al centro in sequenza: Nicolò Balducci (Cherubino); Gianluca Convertino (Antonio e Bartolo); Marta Lazzaro (Contessa d'Almaviva); Alessandra Adorno (Marcellina) e Adrian Schvarzstein (seduto dentro al cesso); Gesua Gallifoco (Susanna) e Guido Dazzini (Conte d'Almaviva); ancora la Gallifoco con Giovanni Luca Failla (Figaro)
In fondo in sequenza:
 la Gallifoco con Balducci e Lorenzo Martelli  (Basilio e Don Curzio); panoramica sull'allestimento






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Così si è espresso Leo Nucci, il grande baritono passato alla regia dopo una straordinaria carriera di cantante, durante la presentazione dell'opera di Giacomo Puccini nel Ridotto del Teatro Comunale "Claudio Abbado".
Questa scelta di Nucci è veramente coraggiosa, coraggiosissima, proprio perché si discosta dalle dominanti regie "moderne" che di moderno hanno il più delle volte solo l'obiettivo della provocazione fine a sé stessa ammantato da una patina di conformismo che sfocia spesso nel deja-vu... un già visto che sa di stantìo.
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