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Il Teatro Carlo Felice per la stagione sinfonica va avanti con 'Mozart l'italiano' |
Bella Betulia Liberata |
servizio di Simone Tomei |
Pubblicato il 05 Novembre 2023 |
GENOVA - Un nuovo appassionante concerto per la stagione sinfonica del Teatro Carlo Felice di Genova - all’interno del ciclo “Mozart l’italiano” - ha visto l’esecuzione dell’oratorio sacro in due parti La Betulia liberata K.118 di Wolfgang Amadeus Mozart. La commissione di questo lavoro avvenne a Padova dove Mozart fece sosta dopo il successo di Mitridate Re di Ponto riscosso a Milano ed uno spensierato carnevale veneziano. Arrivato a Salisburgo, nel marzo-aprile 1771, iniziò subito il lavoro sul testo di Pietro Metastasio del 1734 che fu, a quel tempo, riformatore dell'oratorio come genere letterario. Rifiutando gli argomenti sensazionali che nel tempo avevano imbastardito i contenuti degli oratori, Metastasio tendeva a riportare l'antica “azione sacra” alla rigorosa purezza dei testi dell'Antico Testamento, “l'opera più alta” dalla quale attingere spunti morali e religiosi. Si tratta dell'impresa eroica di Giuditta, un simbolo per mostrare la potenza e la forza di Dio. Nella sua struttura formale, l’Oratorio - che si riallaccia alla salda tradizione dell'oratorio napoletano di L. Leo e ancor più ai modelli del maestro J. A. Hasse - è una composizione teatrale in due atti (e non tre come l'Opera), con sei o sette arie, recitativi secchi e accompagnati e inserti corali di notevole dimensione e spessore creativo. Sotto il profilo musicale la scrittura di Mozart mantiene sempre vivo il dialogo tra solisti e orchestra, con una solenne tensione che viene introdotta sin dall’ouverture in tre tempi (Allegro - Andante - Presto) in Re minore. Le arie sono ricche di intensa invenzione drammatica, e la centralità dell’espressione degli affetti è uno dei maggiori punti di contatto con gli autori della scuola napoletana. È ancora un Mozart giovanile, ma Hermann Albert, nella sua monumentale biografia e critica musicale sull’autore ci fornisce un quadro sintetico molto interessante: «... Mozart in questi lavori giovanili fonde in maniera del tutto nuova l'oggettività ecclesiastica con l'espressione soggettiva dei sentimenti. Sono le prime tracce di quello spirito che dominerà poi nel Requiem K.626 e che tanto si differenzia dal carattere operistico negli oratori del tempo. (...) il quadro che ci offrono questi tentativi drammatici di Mozart è quanto mai vario e contrastante. Ci danno un'ulteriore, splendida testimonianza dell'eccezionale capacità del ragazzo di adattarsi a qualsiasi nuovo stile.»
   

Sadie: «... La musica ha un tono in qualche modo formale e astratto (...). L'ouverture in Re minore (...) è cupa e possente, con collegamenti tematici tra i movimenti estremi e forse con una sfumatura gluckiana. (...) La "Betulia" non è comunque un'Opera che aderisca alla riforma anzi si colloca stabilmente nella tradizione metastasiana con le sue ampie arie che spesso richiedono una scrittura virtuosistica (…)". Inoltre su singoli episodi “Significativa è l'atmosfera fatalistica, quasi desolata (dell'Ouverture). (...) Le Arie formalmente sono più accurate di quelle delle Opere, soprattutto più ricche e autonome nella veste strumentale. (...) non appena scompare il tono moraleggiante, anche la forza creativa di Mozart si innalza a notevoli altezze. Mozart non solo ha raggiunto i modelli italiani ma li ha superati di un bel tratto. (...) va ricordata l'Aria di Amital per il tema di adagio e per l'espressività dolente. (...) Anche i tre cori hanno un carattere d'eccezione». Einstein: «Per il racconto dell'assassinio di Giuditta, Mozart scrive uno dei suoi recitativi più lunghi e non per questo meno efficaci (…).» L’esecuzione genovese si è concretizzata in una selezione dell’oratorio senza la presenza del coro, ove talune parti di assieme sono state eseguite dalle quattro voci soliste. Anche i recitativi hanno avuto una sostanziale sforbiciata riducendoli alle poche righe che precedono l’aria. Nonostante ciò la resa musicale è stata di grande pregio grazie ai complessi orchestrali del Carlo Felice ed alla mano esperta del M° Diego Fasolis che, nonostante qualche momento piuttosto roboante, ha saputo regalare agogiche interpretative molto suggestive, con un suono nitido e cristallino ed una cura dei particolari quasi certosina; le note risultano ben levigate, mai rarefatte e si intrecciano perfettamente a momenti di pulsante drammaticità evidenziando appieno i contrasti dinamici. Angelica Disanto nel doppio ruolo di Cabri - nella versione integrale affidato ai soprani del coro - e Amitral è la migliore in assoluto; il suo canto sa attraversare tutta l’estensione con sicurezza e piena intelligibilità della parola; sicura nelle agilità e suadente nei momenti più cantabili. Alla Giuditta di Antonia Fino non manca il timbro per una carnalissima scrittura contraltile, ma difetta nella restituzione del suono che risulta sempre piuttosto impastato, tendenzialmente poco raffinato e povero del carattere grintoso e altero del personaggio. Luigi Morassi (Ozia) mette in mostra uno strumento di tutto rispetto con una zona centrale scura e quasi baritenorile ed acuti piuttosto sicuri; mi è sembrato che l’uso del fiato ancora debba trovare una più chiara definizione e questo è emerso sin dall’impervia aria di sortita "D’ogni colpa la colpa maggiore" in cui è emerso un particolare affanno. Al netto di ciò, la prestazione complessiva è stata positiva. Voce nitida e raccolta quella di Omar Cepparolli nel ruolo del nobile Anchior; musicalmente preciso, dizione perfetta e sicura presenza scenica, conferiscono al personaggio sensuale ieraticità e autorevole peso specifico.

L’esecuzione, malgrado i tagli, è risultata fluida e scorrevole conferendo il giusto senso di unione di intenti tra voci e orchestra. Nonostante la serata infame da un punto di vista metereologico, in molti non hanno voluto perdere questa perla musicale del giovane Mozart. (La recensione si riferisce al concerto del 4 novembre 2023)
Crediti fotografici: Ufficio stampa del Teatro Carlo Felice di Genova Nella miniatura in alto: il direttore Diego Fasolis Al centro in sequenza: Angelica Disanto (Cabri e Amitral); Antonia Fino (Giuditta); Luigi Morassi (Ozia); Omar Cepparolli (Anchior) Sotto: i ringraziamenti finali di cast, direttore e orchestra
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